Tra i vari capi fascisti emersi un po’ ovunque in Europa tra le due guerre, la figura dello spagnolo Ramiro Ledesma Ramos – di cui il 29 ottobre ricorrono gli 85 anni dalla morte – non ha mai suscitato troppo interesse negli storici, almeno da questo lato dei Pirenei. Le ragioni sono evidenti: si tratta di un leader che non solo non giunse mai al potere, ma che anche nel suo stesso ambiente dovette convivere con varie altre figure più o meno carismatiche, pensiamo solo a José Antonio Primo de Rivera e Onesimo Redondo, per tacere dei capi provenienti dal mondo militare e clerical-reazionario, come lo stesso Francisco Franco.
Ramiro Ledesma Ramos: un gigante dimenticato
Nel complesso, le Juntas de ofensiva nacional-sindicalista fondate da Ledesma non ebbero mai un seguito di massa, né il leader zamorano (era nato ad Alfaraz de Sayago, nella provincia di Zamora, nel 1905) ebbe mai un talento oratorio o un genio organizzativo pari a quelli di Mussolini e Hitler. La sua importanza, tuttavia, risiede altrove. Come ha scritto il docente e studioso della destra spagnola, Pedro Carlos González Cuevas, «Ramiro Ledesma Ramos è il massimo teorico del fascismo spagnolo. La maggior parte delle idee falangiste o nazionalsindacaliste procedono dalla sua opera. Al suo fianco, José Antonio Primo de Rivera e persino Ernesto Giménez Caballero occupano un ruolo da epigoni».
Questo articolo è stato pubblicato sul Primato Nazionale di ottobre 2021
Ma c’è di più: Ramiro Ledesma non era solo un generico teorico della politica, ma un vero filosofo. Le radici filosofiche dei fascismi e l’influenza della filosofia sui capi di questi movimenti sono state indagate solo negli ultimi anni. Chi scrive, nel suo piccolo, ha contribuito a tale filone di ricerca con il suo saggio su Mussolini e la filosofia. Nel caso del politico spagnolo, tuttavia, la compenetrazione tra fascismo e filosofia si fa ancora più stretta: Ramiro è filosofo in senso proprio, con un retroterra universitario, degli studi sistematici e una produzione scritta sull’argomento di tutto rispetto. Basti pensare che le prime menzioni di Martin Heidegger in lingua spagnola si trovano molto verosimilmente in alcuni articoli pubblicati dal fondatore delle Jons.
Rivolta contro il mondo borghese
I biografi sono soliti distinguere tre fasi nella vita di Ledesma Ramos: una fase letteraria, durata fino al 1925, una fase filosofica, sviluppatasi tra il 1925 e il 1930, e, dopo tale anno, una fase politica, inaugurata nel 1931 dall’uscita del settimanale La Conquista del Estado e dalla fondazione, nello stesso periodo, delle Jons (che nel 1934 si fonderanno con la Falange, anche se Ramiro lascerà il partito unificato poco tempo dopo, per divergenze ideologiche). Tra le tre fasi ci sono però, evidentemente, dei forti elementi di continuità. La sua produzione letteraria, per esempio, è pregna di contenuti filosofici e politici. I titoli dei romanzi e dei racconti di questo periodo sono eloquenti: El fracaso de Eva, La hora romántica, El joven suicida, El vacío (cuento metafísico). I protagonisti di questi scritti sono sempre giovani scettici di fronte alla realtà borghese che li circonda, in lotta contro il mondo materiale e non di rado protesi verso il suicidio. E tuttavia, l’ottica generale dei romanzi non è pessimista, ma vitalista. Ma il romanzo più significativo di Ramiro è sicuramente El sello de la muerte, che ha il sottotitolo squisitamente nietzscheano di La voluntad al servicio de las ansias de superación: Poderío y grandeza intelectual.
Il testo, denso di esplicite citazioni nietzscheane, è dedicato a Miguel de Unamuno. E proprio i rapporti di Ledesma Ramos con Unamuno e Ortega y Gasset, i due giganti della cultura spagnola del Novecento, appaiono come cruciali. Di Unamuno, Ramiro apprezza il senso del tragico e la demolizione del razionalismo, la rilettura nietzscheana del Chisciotte, che egli stesso rilancerà in quel suo inno al vitalismo che è El Quijote y el nuestro tiempo. Tramite Ortega familiarizza con la scuola di Marburgo, l’esistenzialismo e Heidegger, apprezzando inoltre le suggestioni sociologiche contenute in España invertebrada e La rebelión de las mas. Il giovane intellettuale prova a coinvolgerli entrambi nei suoi progetti metapolitici, ma deve constatare che all’opera di svecchiamento della cultura portata avanti dai due scrittori non corrisponde altrettanto avanguardismo politico. A Unamuno manderà anche il suo manifesto per la «conquista dello Stato», ma il pensatore risponderà in modo molto caustico, demolendo il documento. Lo studioso Luciano Casali fa comunque notare che con Ortega «sono documentate una continuità di rapporti fra allievo e maestro e una confidenza che possono far ritenere come la “discesa in campo” di Ledesma […] non avvenisse contro il parere, ma consenziente – se non addirittura sollecitante – Ortega stesso».
Un pensatore integrale
La formazione filosofica di Ramiro, tuttavia, non sarà affidata solo a contatti diretti, ma seguirà anche un percorso accademico, come già accennato. Il giovane attivista, infatti, si iscrisse a filosofia, matematica e chimica all’Università centrale di Madrid (le due discipline scientifiche, tuttavia, le abbandonerà strada facendo). Per leggere i testi in lingua originale, impara il francese e il tedesco. Approfondisce l’idealismo tedesco, Hegel, soprattutto Fichte, e legge Croce e Gentile in traduzioni francesi (Ce qui est vivant et ce qui est mort de la philosophie de Hegel e L’esprit acte pur), da cui trae peraltro la concezione etica dello Stato. Si sofferma anche su Freud, Einstein e Scheler. A margine del suo percorso culturale soprattutto «tedesco» va citato inoltre il suo amore per Richard Wagner. Nel 1926 comincia a collaborare a La Gaceta Literaria, diretta da Ernesto Giménez Caballero, mentre dal 1929 scrive sulla prestigiosa Revista de Occidente, fondata da Ortega y Gasset. Gli articoli di filosofia pubblicati su tali riviste saranno raccolti postumi nel 1941 in un volume di Escritos filosóficos.
Particolarmente importanti appaiono tre articoli, pubblicati tra febbraio e aprile 1930 e poi raccolti in un unico scritto, in cui Ramiro affronta i temi trattati da Martin Heidegger in Was ist Metaphysik? Lo spagnolo si dilunga sugli argomenti del pensatore tedesco, affrontando il fondamentale rapporto dell’uomo con il Nulla e dell’angoscia come segno esistenziale lasciato da tale rapporto. Ramiro apprezza in Heidegger «il ritrovarsi in mezzo all’Essere come totalità, l’avere davanti a noi la totalità dell’Essere». Qui troviamo per l’appunto l’angoscia, intesa come «l’evento fondamentale della nostra vita». Dell’angoscia esistenziale, Ledesma Ramos parla anche in un breve articolo su…