Roma, 19 dic – La Gran Bretagna guarda in faccia il suo passato imperiale. O almeno ci prova. Con una mostra promossa dal Tate Britain di Londra, uno dei principali centri espositivi del paese, dal titolo “Artist & Empire – Facing Britain’s Imperial Past”. “La mostra”, che si concluderà il prossimo 10 aprile, spiegano gli organizzatori, “analizza il modo in cui le storie dell’impero britannico hanno influenzato l’arte del passato e del presente. All’interno dell’esposizione, alcune opere contemporanee suggeriscono, inoltre, che le ramificazioni dell’impero non si sono concluse”. Perché? “Le sue storie di guerra, di conquista e di schiavitù sono difficili e dolorose da trattare, ma la sua eredità è ovunque e riguarda tutti noi”. Molto semplicemente, dunque, perché la storia non si cancella. È parte del presente. Ed ogni censura ha in sé il germe dell’intolleranza politica e della violenza.
Singolare che, contemporaneamente, all’interno di una delle università più famose del mondo – quella di Oxford – si stia nel frattempo “lottando” per la rimozione di una statua proprio per i legami con quel passato scottante. Nel mirino, nello specifico, la statua di Cecil Rodhes, che campeggia sulla facciata dell’Oriel college di Oxford, accompagnata dalla scritta in latino: “E larga munificentia Caecilii Rodhes”.
Le oltre 2.300 firme raccolte a partire dal mese scorso tra gli studenti, infatti, sembrano aver fatto centro, spingendo l’amministrazione a prendere immediatamente le distanze attraverso un comunicato: “Il college non condivide i valori di Cecil Rodhes e non gli perdona le sue concezioni ed i suoi comportamenti razzisti”. “La campagna per cancellare dall’Oriel ogni dedica a Rodhes”, racconta il quotidiano inglese “The Guardian”, “è stata innescata da una campagna simile avvenuta in un campus universitario del Sud Africa, dove Rodhes è visto come l’incarnazione del colonialismo del 19° secolo in Africa. Una statua di Rodhes è stata attaccata e poi buttata giù dagli studenti dell’Università di Città del Capo, nel contesto di una campagna organizzata e denominata #RhodesMustFall”.
Studente ad Oxford e membro dell’Oriel college, il ricchissimo Rodhes, ex primo ministro della Colonia del Capo, alla sua morte, nel 1902, lasciò tutte le sue fortune alla “Rodhes Scholarship”, una fondazione che ha finora regalato a “quasi 8000 studenti provenienti da paesi di tutto il mondo l’opportunità di studiare a Oxford”, aggiunge l’amministrazione del college nello stesso comunicato, nel quale subito dopo, però, aggiunge: “Concordiamo sulla necessità di migliorare l’immagine e l’esperienza di studenti e personale BME (‘Black and Minority Ethnic’ – neri e minoranze etniche, ndr) dell’Università di Oxford, tra cui l’Oriel college, e ci impegnamo a stare in prima linea nella trasformazione di Oxford in un posto più inclusivo per le persone di ogni provenienza”.
Un trionfo del politicamente corretto fin nell’acronimo, “BME” (che – siamo certi – presto prenderà piede anche in Italia sulla scia dei vari LGBT, asterischi e perbenismi ghettizzanti di diverso genere), il quale insiste ancora nella finzione del Regno Unito come paese etnicamente bianco, quando è sufficiente camminare per Londra e leggere i dati del censimento 2011 per rendersi conto che la realtà è un’altra. E che sarà senz’altro vero quanto pronosticato – ben prima dell’attuale grande ondata migratoria – dal giornale inglese “Observer” nel lontano anno 2000: ben presto i bianchi saranno minoranza in Uk.
In proposito, raccontava infatti il Corriere della Sera: “Che la razza bianca sia destinata a sparire, del resto, lo affermava anche un rapporto Onu del ’99: entro il 2025, diceva, il 98% della crescita della popolazione mondiale avverrà in Paesi in via di sviluppo. Ma ciò che sorprende i ricercatori è la velocità del cambiamento. La settimana scorsa il «US Census Bureau» ha pubblicato gli ultimi dati sulla California: i bianchi non ispanici sono il 49,8% della popolazione, nel 1970 otto abitanti su dieci erano bianchi. In Gran Bretagna negli anni 50 le «minoranze etniche» formavano un gruppo di poche decine di migliaia di persone. Nel 1991 erano 3 milioni, e cioè il 6% della popolazione del Paese. E aumentano al ritmo di 2-4% l’ anno e nel ‘ 99 l’ emigrazione ne ha portati 185.000. Se il Regno Unito dovrà aspettare un secolo prima del sorpasso a Londra i bianchi saranno in minoranza nel 2010”.
Puntualmente, nel 2011, il censimento rivelò che la previsione era corretta: “Londra, i bianchi sono in minoranza”, titolava “Il Fatto quotidiano”. “Londra come l’America: i bianchi in minoranza”, riecheggiava su “Repubblica”. Il tutto condito con le tranquillizzanti dichiarazioni dell’ex premier inglese Tony Blair (lo stesso che ha chiesto scusa per le bugie sulla guerra in Iraq): “l’immigrazione è una ricchezza”, affermava dopo aver spalancato le porte del Regno Unito ai cittadini extraeuropei e facilitato l’ottenimento della cittadinanza.
“Il dato più illuminante sul cambiamento, che in prospettiva aspetta tutta l’Europa, tutto l’Occidente, è l’Homo Britannicus in minoranza. Bye-bye, bianco inglese. Welcome sul Tamigi, resto del mondo”. Repubblica dixit. Con sorriso malcelato. Non si tratta, dunque, di una semplice statua. Ma dell’attenzione e della simpatia mediatica per iniziative simili, si tratta delle strane regole dei giornalisti (che consentono l’utilizzo legittimo della connotazione razziale nella cronaca solo in caso di esempi positivi), delle raccolte firme per mettere fuori legge i fascisti in quanto razzisti, del primo ministro italiano che definisce “bestie” chi si oppone all’immigrazione e di tutte le innumerevoli iniziative col timbro del “politicamente corretto” ma che, in realtà, non hanno nulla della tolleranza che lasciano trasparire.
È pura e semplice lotta all’uomo europeo in quanto raggruppamento etnico ben definito in attesa della “grande sostituzione”. Si fanno i preparativi, insomma, per la prossima uccisione dell’Europa ed è coì che iniziano a rimuoverne ogni traccia. Per carità, Cecil John Rodhes, padre della multinazionale diamantifera De Beers nel 1888, finanziatore a soli 23 anni della ferrovia tra Città del Capo e Kimberley (sede per l’estrazione), probabilmente massone, a capo della British South Africa Company e del suo esercito privato che regnava a nord del Sud Africa, furbo nel sottrarre allo Zimbabwe (della cui capitale è fondatore) la concessione delle risorse minerarie in cambio di poche armi, amministratore del territorio che in suo onore sarebbe poi divenuto la Rodhesia, non è certo un animo candido e nessuno è qui a difendere la sua memoria. Ma non ci piace la storia costruita ideologicamente, né le favole coi buoni da una parte e i cattivi dall’altra. E, soprattutto, riteniamo necessario difendere, invece, la libertà di ogni popolo europeo di avere la sua storia e di poterla guardare in faccia, con errori e meriti, senza doverla censurare.
“Lavoreremo a stretto contatto con gli studenti ed il personale BME per capire tutte le questioni che devono essere affrontate”, continua l’Orel college nella sua nota, “Le nostre azioni comprenderanno ulteriori iniziative di sensibilizzazione destinate ai potenziali candidati BME, un maggiore sostegno e formazione in materia di parità e diversità che interessano gli studenti e il personale all’interno del College, e la raccolta di fondi per borse di studio universitarie presso l’Oriel destinate a specifici paesi africani. E, a partire dal 2016, saranno finanziati e sostenuti una serie di conferenze ed altri eventi che esamineranno l’uguaglianza razziale e la storia del colonialismo e le sue conseguenze”. Ecco le ragioni per le quali il college ha deciso di chiedere al comune di Oxford l’autorizzazione per la rimozione della targa risalente al 1906 in sua memoria al numero 6 di King Edward Street, mentre la rimozione della statua, visto l’interesse storico dell’edificio, richiederà una procedura più complessa, che il college ha deciso di affrontare con una fase di ascolto di tutti gli attori in campo e delle loro proposte per un periodo di sei mesi a partire da febbraio e con l’affissione, nell’immediato, di un avviso temporaneo, posizionato proprio sotto la statua, che chiarirà “il contesto storico e la posizione del college” in merito.
Il futuro del Regno Unito (e dell’Europa), per volere delle oligarchie, sarà black. Sta solo cominciando l’adeguamento. Va tutto bene. L’ha detto anche Renzi: “va tutto bene”. Ed è stato chiaro: guai a chi non lo ripete ad alta voce.
Emmanuel Raffaele
4 comments
Che brutto futuro si preannuncia per la Civiltà europea
…quindi, per coerenza, rinunceranno anche ai proventi della fondazione Rhodes Scolarship, immagino…
Nel 2014, il nome più usato per i nuovi nati in Gran Bretagna è stato… Mohamed! Davvero!
si, purtroppo la notizia é vera.