Roma, 26 feb – La società industriale e il suo futuro, meglio conosciuto come Il manifesto di Unabomber, è appena uscito nelle librerie in una nuova edizione integrale a cura di Passaggio al Bosco, con una traduzione inedita ed un accurato saggio biografico.
Il manifesto di Unabomber torna in libreria
Il testo, che non ha mai smesso di far discutere – venne pubblicato nel 1995 – sotto minaccia diretta dell’autore, dai principali quotidiani americani: il testo, composto di 35mila parole e 232 paragrafi, è stato tradotto in decine di lingue e ha prodotto un serrato dibattito internazionale. Decisamente controcorrente, il libro introduce una riflessione radicale e controversa sul ruolo della tecnica, sull’orientamento della società moderna e sull’essenza stessa del progresso: un j’accuse totale, che non accetta compromessi e che sembra fornire una lunga serie di interrogativi ai quali avremmo già dovuto rispondere.
Chi è Unabomber
Ma chi è Unabomber? Il professor Theodore John Kaczynski, tornato recentemente alla ribalta per essere stato oggetto di una fortunata serie televisiva firmata Netflix, è stato l’uomo più ricercato d’America: per quasi 18 anni – dopo aver abbandonato la vita accademica per trasferirsi in una baracca di legno nella natura selvaggia – ha spedito pacchi bomba e tenuto in scacco la più potente organizzazione di polizia del pianeta. I bersagli dei suoi 16 attentati esplosivi – 3 vittime e 23 feriti – hanno sempre a che fare con la tecnologia, con i suoi utilizzi e con tutto ciò che – ai suoi occhi – impone la dinamica meccanica del progresso e la trasformazione della persona in mero ingranaggio di una “mega-macchina” scollegata dalla natura e dai suoi equilibri. Quella di Kaczynski – oggi rinchiuso in carcere in precarie condizioni di salute – è una vita a dir poco spartana, dove igiene e comodità diventano un pallido ricordo: si aggira per i boschi con addosso degli stracci logori, con la barba incolta e gli occhi spiritati. Resiste con quello che offre la natura, leggendo avidamente manuali di botanica, di caccia e di survival, gelosamente custoditi accanto ai testi di chimica che utilizza per affinare le sue tecniche di bombarolo. La sua testimonianza, indubbiamente, è quella di un uomo che sceglie di vivere da eremita, completamente solo, covando un sentimento di vendetta verso un mondo che ha ridotto le persone al rango di ingranaggi e al quale sente di non appartenere: la sua – pertanto – non è una critica parziale, ma un totale rifiuto del modello sociale in atto.
La società industriale e il suo futuro
La società industriale e il suo futuro, senza dubbio, anticipa molti dei temi che attraversano il nostro tempo: ha la capacità di leggere attentamente la realtà, giungendo a considerare “irriformabile” il modello industrial-tecnologico nel quale siamo immersi. Interessante, perché assolutamente precoce, è la critica frontale che viene mossa alla sinistra progressista: Kaczynski comprende con largo anticipo che la cultura woke, quella che sostituisce l’emancipazione del proletariato con l’affermative action delle presunte minoranze, produce un cortocircuito “politicamente corretto” che risponde perfettamente alle logiche del sistema. Trent’anni dopo, senza dubbio, possiamo constatare gli effetti di quella “mentalità”, apparentemente ribellistica ma sostanzialmente e fattivamente allineata e funzionale allo status quo: il soft power del globalismo, incentrato sul modello liberal-progressista della “società aperta”, propugna un capitalismo della sorveglianza che decostruisce le identità in virtù di un “grande reset” fondato sulla centralità delle entità anonime, dei colossi multinazionali e delle speculazioni tecno-finanziarie.
Estremo e utopistico, ma da mettere agli atti
Quello di Kaczynski – senza dubbio – è un contributo estremo, non solo perché accompagnato da una campagna dinamitarda che ha mietuto delle vittime, ma anche per il suo radicale rifiuto di ogni compromesso: Unabomber non vuole riformare il sistema, ma vuole abbatterlo in tutte le sue espressioni. Un progetto che lui definisce rivoluzionario, ma che appare francamente utopistico: la chimera di una wilderness estrema, perpetrata da una minoranza ostinata in grado di ribaltare le sorti dell’esistente. Al netto delle considerazioni culturali e politiche, in un tempo che impone un dibattito serio e costruttivo sul ruolo della tecnica, il “Manifesto” resta un contributo da mettere agli atti.
1 commento
Cit. “Unabomber non vuole riformare il sistema, ma vuole abbatterlo in tutte le sue espressioni”
Non è estremismo, è realismo ed è quello che faccio da anni facendo informazione finanziaria per evitare che gli sprovveduti continuino a farsi truffare alimentando un sistema fallito
https://www.weforum.org/agenda/2012/04/the-end-of-capitalism-so-whats-next/
e con il mio sistema i morti si evitano
https://www.ilmessaggero.it/primopiano/cronaca/pensionato_suicida_pm_indaga_la_banca_istigazione_al_suicidio-1402188.html
perché i falliti si alimentano truffando ingenui con il miraggio di facili guadagni.
Purtroppo da un sistema marcio non si può ottenere niente di buono, si può solo seppellire e tentare di ricostruire da zero qualcosa di migliore.