Ancona, 10 giugno – Il 13 marzo del 1939 ogni singola Forza Armata del Regio Esercito Italiano ebbe l’opportunità di scegliere il giorno in cui celebrare la propria festa e la Marina Militare fece propria la data del 10 giugno, in onore di una delle più ardite azioni compiute in mare nel corso della Grande Guerra: l’impresa di Premuda. Impresa che fino al ‘39 rimase poco nota al popolo italiano e che oggi è definita la più brillante e audace azione navale della prima Guerra Mondiale. Era scesa la notte fra il 9 e il 10 Giugno 1918 quando due MAS, “15” e “21”, al comando del Capitano di Corvetta Luigi Rizzo e del Guardiamarina di complemento Giuseppe Aonzo, salpò dal porto di Ancona per dirigersi verso l’isola di Premuda dove avrebbe dovuto accertare la presenza in zona di campi minati tra le isole di Gruiza e Premuda , in acque nemiche, quindi di notte (in una notte senza luna) terminare le operazioni alle 2,30 e ritornare nella zona del “rendez-vous” dove lo avrebbero atteso due torpediniere che lo avrebbero trainato di nuovo al porto di Ancona.
Ma all’alba del 10 giugno, durante le operazioni di rastrellamento le unità intercettarono due corazzate, un cacciatorpediniere e sei torpediniere austroungarici che, provenienti dalla base nemica di Pola, si dirigevano verso il Canale di Otranto. Questa è l’origine di una delle più brillanti azioni navali della prima guerra mondiale, in cui il Comandante Rizzo si meritò la seconda medaglia d’oro al Valor Militare, per aver silurato e affondato la potente corazzata “Szent Istvan” (Santo Stefano). Luigi Rizzo, aveva già ricevuto la prima medaglia d’oro al Valor Militare per aver forzato, sei mesi prima, il porto di Trieste, allora in mano austroungarica, affondandovi la Corazzata “Wien”. In quelle giornate del 1918 la flotta austriaca si trovava nell’Adriatico per uscire da una lunga ed umiliante situazione d’inerzia. Il piano dell’Ammiraglio del Kaiser, Horty, era quello di attaccare all’improvviso le unità di vigilanza del Canale di Otranto e le forze leggere di protezione italo-franco-inglesi schierate per precludere l’accesso all’Adriatico ai sommergibili tedeschi, distruggendole prima che la parte più consistente della flotta alleata, concentrata a Taranto e a Corfù, potesse intervenire.
I siluri di Luigi Rizzo però, colpendo le forze navali austriache e facendo tramontare l’elemento sorpresa, troncarono l’impresa sul nascere. L’azione di Premuda convinse inoltre definitivamente gli alleati anglofrancesi a lasciar il controllo dei comandi navali in Mediterraneo, in particolare dell’Adriatico, all’Italia.
Estasiato dall’azione dei MAS di Rizzo, il Comandante in Capo della Grand Fleet, l’Ammiraglio inglese David Beatty, fece giungere all’Ammiraglio Cusani Visconti, Comandante della Flotta italiana, questo storico tele- gramma: “La Grand Fleet porge le ‘più sentite congratulazioni alla flotta italiana per la splendida impresa condotta con tanto valore e tanta audacia contro il nemico austriaco”.
Il racconto di Luigi Rizzo
“Potevano essere le tre: era ancora notte, ma non più completamente buio. Avevamo il rampino a mare ed incrociavamo sperando di incocciare qualcosa, ma inutilmente.. A lento moto, il tempo non passava mai, sicchè per far venire presto l’alba, mi mettevo di tanto in tanto al timone… Tutto il canale di Luttostrak era stato rampinato: nulla. Non ci rimaneva ormai altro da fare che salpare il rampino e ripiegare sul punto A dove avevamo lasciato le due torpediniere. Così decido: consegno il timone a Gori e gli indico la rotta per il punto A. Prendo un salvagente avvoltolato come cuscino e mi sdraio sul ponte, con la faccia alle stelle. La notte è rugiadosa e mi sento intorpidito: col lieve rullio, le stelle corrono da un capo all’altro del bordo: ed io le inseguo metodicamente, mezzo assopito… Quand’ecco, a dritta, al nord, lontano sull’orizzonte, delle nuvole di fumo! Dalla parte di Pola? Ma allora non possono essere nostre unità: ad ogni modo è da escludere che siano le nostre torpediniere, perché quelle debbono trovarsi a ponente, verso la nostra prora. E poi sono troppo guardinghe e fumo non ne fanno. Dunque i fumi sono nemici. Subito mi viene il dubbio che dalla stazione di vedetta di Gruica abbiano potuto scorgere i Mas: avranno dato l’allarme a Lussin, ed ecco che hanno inviato dei cacciatorpediniere per darmi la caccia. Chiamo Gori e gli mostro il fumo che si fa sempre più manifesto, che si avvicina. Noi stiamo navigando verso il largo e probabilmente chi viene alla nostra ricerca ancora non ci ha scorti…ma io sono impaziente di appurare di che si tratta. Perciò accosto a dritta e dirigo verso il fumo. Noi siamo pronti a tutto: del resto anche se tentassimo di sottrarci a tutta forza, non potendo sviluppare più di venti miglia, una volta avvistati saremmo inseguiti, cannoneggiati, affondati… Meglio approfittare della luce ancora incerta e se possibile farsi sotto ed attaccare… A piccolo moto, seguito dal Mas 21, dirigo incontro al fumo, prendendo la rotta di collisione… Aguzzo lo sguardo ed intravedo le soprastrutture di grosse navi, forse un convoglio? Ma quelle sono corazzate e tutt’intorno delle siluranti! Attento Gori! Avvertire Mas 21 che abbiamo di prua una divisione navale, certamente nemica…Il cuore mi da un tuffo: c’è da fare buona caccia stamane…”
A bordo dell’austroungatica “Szent Istvan”, il commodoro Seitz seduto tranquillamente in plancia guardava il mare tranquillo. Ad un tratto volgendosi verso un giovane ufficiale ordinò: ” Tenente Tiz , controlli la posizione dei cacciatorpediniere”. ”Sissignore”, rispose Tiz e s’affacciò alla murata. In quel momento i due MAS a 12 miglia di velocità passavano tra due caccia della scorta , passavano via senza essere vist. Rizzo stava aggrappato alla battagliola, la faccia bruna sferzata dagli spruzzi salmastri, gli occhi fissi sulla mole torreggiante della “Szent Istvan”, sempre più grande, sempre più vicina. Calcolava mentalmente il tiro, l’angolo di impatto . Levò la destra, la corazzata era a 300 metri. Le navi austriache continuavano la loro rotta. Non avevano avvistato nulla. Rizzo abbassò la mano: ” Fuori uno”. Uno scatto metallico, il siluro piombò pesantemente nell’acqua e cominciò a saettare in avanti… ”Fuori due”, e mentre il secondo siluro iniziava la sua corsa fatale, ordinò: ”Accosta ora! Andiamo via!”. Il mas virò bruscamente mentre le due scie bianche dei siluri puntavano vertiginosamente verso la “Szent Istvan”. ”Tutto in ordine, Signore”, disse rientrando in plancia il tenente Tiz, “tutte le navi sono in vista al loro pos…”.
Si interruppe ai due colpi che si udirono quasi contemporaneamente, sotto la plancia. La grande nave sussultò. Questione di poche secondi. Ancor prima che il giovane ufficiale potesse rendersi conto di ciò che accadeva, ancor prima che il commodoro Seitz potesse affacciarsi alla murata, due gigantesche colonne d’acqua si levarono sul fianco della nave, che tremò ancora e sbandò paurosamente, piegandosi su un lato. Gli occhi di tutti corsero al mare: era già troppo tardi. Non si vedeva nulla. Il MAS 15 sfrecciò via veloce, compiendo una stretta virata, la prua verso il mare libero, mentre la “Szent Istvan” sbandava sotto una pioggia di acqua salmastra.
Andrea Bonazza
L’impresa di Premuda: cent’anni fa la più ardita azione navale della Grande Guerra
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