Roma, 27 gen – In Russia i nostri soldati diedero gran prova di coraggio e di mancanza assoluta di paura di morire. Durante la battaglia di Nikolaevka erano due generali italiani a condurre le azioni, uno di loro, Giulio Martinat, diede la vita per salvare quella dei compagni.
IL VALDESE
Giulio Martinat nacque a Maniglia di Perrero il 24 febbraio 1891 da una famiglia di tradizione valdese. La formazione di Martinat fu principalmente legata allo studio dei classici in quanto studiò alla Scuola Latina prima e frequentò il Liceo Classico dopo.
GUERRA DI LIBIA E DELLE ALPI
Nel 1910 non resistette alla chiamata alle armi e si arruolò volontario per il corso ufficiali di complemento partendo per la Libia lo stesso anno. Durante i combattimenti di Derna si distinse a tal punto da ottenere la promozione a Sottotenente e la medaglia di bronzo al valor militare in quanto “Per la calma e la fermezza dimostrate il 3 marzo in difficili condizioni di combattimento. Si distinse anche per lodevole contegno” oltre che la promozione a sottotenente. Non poteva mancare, poi, la sua partecipazione alla prima guerra mondiale con l’ennesima prova di coraggio e la seconda medaglia di bronzo. Martinat ottenne, nel giro di due anni, la promozione prima a tenente e poi a capitano. Alla fine della guerra, Martinat venne mandato in Alta Slesia. Dopo essere tornato in Italia, Martinat studiò e si laureò in legge e lingue. Il 29 dicembre 1923 si sposò con la sua fedele compagna Emma Montignani.
A CAPO DELLA JULIA
Dopo una breve esperienza in Ecuador, Martinat ottenne la nomina a tenente colonnello e di Capo di Stato Maggiore della Divisione Alpina “Julia”. Partecipò anche alla guerra d’Etiopia dove venne decorato con la prima medaglia d’argento al valor militare con su inciso: “Trovandosi in un treno attaccato e fatto deragliare dai ribelli, coadiuvava con slancio e perizia i suoi superiori, dando pronta attuazione ai loro ordini per assicurare la prima difesa dei viaggiatori. Incaricato poi di sorvegliare un lato della difesa improvvisata, dava saggie, energiche disposizioni ai militari dipendenti, contribuendo così a tenere in rispetto per oltre ventiquattro ore l’avversario venti volte superiore di numero. Accorrendo senza posa dove maggiore era il rischio animò i pochi difensori sì che nonostante le perdite e la drammaticità della situazione, la resistenza poté protrarsi fino all’arrivo dei soccorsi che salvarono la vita dei numerosi viaggiatori, fra i quali donne e bambini. Esempio di alto spirito guerriero, durante ventiquattro ore, ogni suo atto fu atto di valore”. Dopo aver partecipato alle operazioni in Albania, Martinat ottenne la seconda medaglia d’argento al valor militare e la Croce di Cavaliere dell’Ordine Militare dei Savoia.
LA MORTE IN RUSSIA
All’indomani dell’offensiva della Wermacht in Russia, anche l’Italia partecipò al conflitto inviando il proprio contingente di uomini. Il Generale di Brigata Giulio Martinat era uno di loro. Insieme al generale Luigi Reverberi, condusse l’attacco a Nikolaevka. Tuttavia, l’eroe di guerra venne gravemente ferito. Il suo destino era di vedere i soldati italiani, tedeschi e ungheresi combattere senza di lui. Martinat non ci pensò due volte e, usando il suo moschetto come fosse un bastone d’appoggio, incitò i suoi soldati gridando: “Avanti alpini, avanti di là c’è l’Italia, avanti!”. Morirà in quel 26 gennaio assieme a 39 ufficiali e molte migliaia di soldati italiani. A lui fu conferita la medaglia d’oro al valor militare con su scritto: “Capo di Stato Maggiore di un Corpo d’Armata, soldato di eccezionale coraggio e di indiscusso valore, veterano di quattro campagne, più volte decorato, di elette qualità di mente e di cuore, vista passare una compagnia alpina che scendeva in linea per decidere l’aspra battaglia in corso, cedendo al suo istintivo entusiasmo di soldato e di combattente, vi si metteva alla testa dando a tutti con la sua alta parola la fiamma dell’ardimento e divenendone con la sua persona irresistibile esempio. Ritto, mentre sparava con il suo moschetto, in zona battutissima e scoperta, su elementi nemici appostati a brevissima distanza, una pallottola ne spezzò l’audace impresa e gli stroncò la vita, ma la vittoria era assicurata ed il nemico in fuga. Fulgido esempio di alte virtù combattive e di suprema dedizione alla Patria”.
Tommaso Lunardi
5 comments
Bellissimo articolo come sempre però la foto è del generale Reverberi
“Tutti i vivi all’assalto!”
“Tutti eroi o tutti accoppati!”
(com’è noto, il secondo grido che accompagnò il disperato eroico assalto degli Alpini sulle nevi di Nikolaevka si era composto durante la resistenza sul Piave)
Un buon ricordo di un gran generale e delle azioni che ne hanno fatto un grande uomo oltre la morte. …però, come scritto da Luca Tamburini, la foto é del Generale Luigi Reverberi, comandante della mia Brigata, all’epoca Divisione.
Bello articolo ma la foto ritrae il generale Reverberi comandante della divisione Tridentina.
[…] e fattiva dopo il crollo del ponte Morandi e in operazioni di soccorso in montagna”. “Il sacrificio degli alpini – continua Rixi – si è dimostrato determinante nella storia in situazioni belliche, ma è […]