Roma, 10 feb – Avete mai provato a cercare “E allora le foibe?” (celebre refrain del personaggio Vichi di CasaPound di Caterina Guzzanti) su Google? Per evitarvi il travaso di bile, l’ho fatto io per voi.
Dal Globalist a Vice
Uno dei primi articoli è del Globalist, a firma Giuseppe Cassarà. E’ del 2019 e, molto pretestuosamente, affiancava la notizia del sindaco di Predappio che avrebbe negato il viaggio ad Auschwitz di uno studente perché “di parte”. “E’ una vecchia mania dei fascisti e in generale della destra più misera quella di giustificare gli orrori del nazifascismo con quelli del comunismo o di altre dittature. Come se una assolvesse i peccati dell’altra” scrive il giornalista, non prima di aver però pubblicato il vecchio sketch di Caterina Guzzanti nel corso della trasmissione Un due tre stella. Cassarà invita a guardarlo, “anche per farsi due risate”.
“E allora le Foibe?” è il titolo anche di un pezzo di Vice, sempre del 2019 a firma Leonardo Bianchi. Qui, invece, si può leggere: “Il Giorno del Ricordo è anche qualcos’altro. Sono—per fare qualche esempio—le versioni vittimistiche e decontestualizzate della storia; le fiction e i film zeppi di antichi stereotipi e strafalcioni storici; i fumetti neofascisti distribuiti nelle scuole; le falsificazioni fotografiche che girano sui social, sui giornali e in televisione”. Il pezzo di Vice, dunque, sarebbe critico nei confronti di una supposta faziosità nel narrare la tragedia delle foibe che non renderebbe, addirittura, omaggio alle vittime.
“E allora le Foibe” su Google immagini
Ma ancora: cercando “E allora le foibe” su Google immagini, il secondo link che esce è quello del dominio dell’Anpi, Sezione “G. Perotti – A. Appendino” Nizza Lingotto Millefonti Filadelfia (Torino). Questo risale addirittura al 2015, ma ha una nota che si lega alla stretta attualità: pubblicizzava, infatti, la presentazione di un libro sull’argomento dal titolo Le Foibe tra Storia e Media – Fenomenologia di un Martirologio Mediatico. Sapete da chi era introdotta la serata? Da Eric Gobetti. Quello “storico” assolutamente di parte, che si fa immortalare nel saluto comunista in visita presso le tombe dei partigiani titini, che ancor oggi viene chiamato in giro per l’Italia ad “insegnarci” le Foibe. Come se a parlare dell’Olocausto invitassimo nelle scuole una con la maglietta Auschwitzland.
Questi sono alcuni esempi di come una frase satirica, all’apparenza “inoffensiva” come “E allora le Foibe?” possa gettare una luce ridicola, grottesca e sminuente su una tragedia come quella vissuta dagli italiani che vivevano sul confine orientale nei concitati e sanguinosi giorni al termine del secondo conflitto mondiale. Un “E allora le Foibe?” può, addirittura, giustificare ulteriormente la testarda e boriosa pretesa dei “buoni” di insabbiare e minimizzare quanto accaduto ai loro connazionali – non solo ciò che i profughi d’Istria e Dalmazia vissero a causa delle brutalità dei partigiani titini, ma anche e soprattutto a causa della cecità ideologica dei comunisti italiani (il “treno della vergogna” è un esempio supremo di quanto si scrive).
I compagni l’hanno “buttata in caciara”
Si, “e allora le Foibe?” diceva qualche ragazzino quando nelle aule scolastiche si arrivava alla centesima giornata della memoria per le vittime dell’Olocausto. E avranno sbagliato, e la reazione era forse di pancia, ma era la legittima pretesa di chi – a differenza di quanto sostiene Vice – voleva rendere omaggio agli italiani infoibati e dimenticati, e colpevolmente dimenticati da chi era stato complice politicamente delle atrocità commesse a ragazze italiane come Norma Cossetto. Il grido “E allora le Foibe?” era legittimo ed era punk; sappiamo quanto, non appena si esca dagli steccati del nostalgismo e si arrivi a dichiararsi fascisti “nel terzo millennio” la sinistra vada in tilt. Qual è stata la soluzione? Buttare tutto in “caciara”, come si dice a Roma e gettare l’ansia di alcuni giovani di parlare delle Foibe nel vuoto pneumatico delle battute radical chic, quelle da dire ridacchiando all’aperitivo a Monti insieme agli sketch di Boris, alle risatine sui Carabinieri morti, ai mot d’esprit di Corrado Guzzanti, ai “10 100 1000 Acca Larenzia”. Perché a loro odiare, anche col sorriso, non costa mai.
Foibe: abbiamo fatto bene a “fare rumore”
La canzone che ha vinto Sanremo quest’anno si chiama Fai rumore ed è esattamente quello che migliaia di ragazzini con i loro “E allora le foibe?” hanno fatto per decenni. E col loro rumore, con la loro esuberanza, con la loro collera, anche con la loro faziosità, hanno portato a casa qualche vittoria: e adesso delle Foibe si parla, delle foibe si ha una Giornata del Ricordo e il presidente della Repubblica parla di “pulizia etnica” e di colpevoli silenzi. Perché contro le anime sporche di chi da sempre usa l’odio “fascista” e razzista come strumento politico per giustificare le proprie malefatte, non c’è niente di male a pensare alle Foibe come un grimaldello della Storia, che smonti la facciata delle menzogne propinateci per decenni da chi voleva salvaguardarsi la reputazione. Come gli adolescenti, sulla tragedia degli italiani infoibati non accettiamo lezioni, non accettiamo battute. Perché non c’è niente da riderci sopra. Ma se ci tenete così tanto a farlo, amici revisionisti, forse è perché avete paura.
Ilaria Paoletti
2 comments
E allora la shoa ?????
🤣😂😊
dei 3 , unico a far ridere è Corrado …. Caterina solo quando va sul leggero (miss italia …da Sacrofano ….) sabina …. fa solo CAGARE …..
spesso è stato più comico il padre da deputato ….. di ben 4 partiti diversi !
Voi sionisti siete troppo vittimizzati. La sinistra vuole sempre problematizzare tutto, vuole controllare le barzellette e vuole che tutti siano politicamente corretti. Vaffanculo!