Parigi, 27 apr – Quando si riesce a riunire 847 persone in una sala al centro di Parigi per ascoltare diverse ore di interventi su un tema di impatto non immediato come “l’universo estetico degli europei”, per di più facendo pagare un biglietto di entrata di 10 euro, significa non solo che si è lavorato bene, ma anche che si sta intercettando un fermento reale nella società.
Il colloque dell’Iliade, l’Istituto della lunga memoria europea nato per espressa volontà testamentaria di Dominique Venner, è stato indubbiamente un successo.
Per la presenza di un pubblico numeroso e attento, per il livello di un’organizzazione che può fare scuola a livello europeo, per la qualità degli interventi, per lo spirito comunitario e sereno in cui si è svolta l’iniziativa.
Va segnalato, inoltre, che uno dei limiti tradizionali di questo tipo di ambienti, quello “generazionale”, non si è manifestato e anzi di giovani nel pubblico ce n’erano diversi. Il nume ispiratore dell’evento era ovviamente Dominique Venner, ma lasciando ormai alle spalle ogni approccio puramente commemorativo: più che ricordare il maestro si è preferito cominciare a mettere in pratica la sua lezione.
Poiché l’europeo di oggi deve di fatto riniziare a costruire un orizzonte di senso dal nulla, si è partiti dall’elementare: dalle immagini. Dalla bellezza. Dal sentirsi parte di una civiltà perché ci si rispecchia nei suoi luoghi e nello spirito che li abita. Il nemico designato, in questo senso, è ogni velleità iconoclasta: quella delle religioni monoteiste, ma anche quella dell’arte contemporanea, che è un’arte della non rappresentazione, un arte dello pseudo-concetto, che per essere riconosciuta come arte ha bisogno della certificazione di una comunità di eletti (i critici) e delle loro cervellotiche spiegazioni.
Gli interventi sull’argomento (quelli di Alain de Benoist, di Philippe Conrad, di Javier Portella, fra i più significativi) hanno delineato con precisione a cosa ci riferiamo quando parliamo dell’“universo estetico degli europei”.
Un aspetto non trattato ma tuttavia cruciale, rispetto all’argomento, è quello di come pensare a un’arte che sia moderna senza essere nichilista. L’orizzonte estetico degli europei si esaurisce in Stonehenge, Notre Dame, il Foro Romano e il Partenone, secondo il tradizionale elenco ormai un po’ convenzionale che viene citato in questi casi, oppure è possibile anche pensare a un’arte dell’oggi, che possibilmente vada oltre i ritratti di biondissime famiglie contadine in voga nella Germania degli anni ’30?
È una traccia che forse merita di essere approfondita (anche se le stesse opere di artisti militanti in vendita negli stand del colloque offrono non pochi spunti interessanti in questo senso).
Ma al di là delle questioni di merito, quel che emerge da questo sabato parigino è innanzitutto un clima di maggiore vitalità da parte delle intelligenze non conformi europee, se proprio non vogliamo parlare di “risveglio spirituale”.
La morte volontaria di Venner ha indubbiamente smosso qualcosa in molti e questo sommovimento non è che l’epicentro di una più vasta ondata di insofferenza popolare che sta attraversando la Francia e l’Europa, sia pur in mezzo a non poche contraddizioni. Che questa rivolta non si esaurisca in qualche effimero successo elettorale o in qualche bestsellers in vetta alle classifiche per qualche settimana ma determini quella rinascita europea di cui Venner non ha mai dubitato dipende solo da noi.
Adriano Scianca
2 comments
Come “orizzonte estetico” moderno non può essere considerato il pur ormai citatissimo Futurismo?
Certamente. Ma ormai il futurismo in quanto tale è… passatismo. Quindi bisognerà inventarsi qualcosa di nuovo.