Roma, 10 giu – Il caso di Saman Abbas, la ragazza di origine pakistana scomparsa nel nulla in Emilia e che, secondo gli inquirenti, potrebbe essere stata uccisa dalla famiglia perché ribelle rispetto al matrimonio combinato voluto dai parenti, funge da efficace stress test per le ipocrisie del pensiero dominante. Prima, infatti, il caso è stato accompagnato dal silenzio imbarazzante dei politici e degli intellettuali, mentre i media mainstream si sono limitati alla fredda cronaca, la stessa che permise loro di dire che «di Bibbiano abbiamo parlato» perché avevano dato la notizia a pagina 17.
Caso Saman, colpa nostra?
Poi, quando è cominciato a diventare impossibile ignorare l’elefante sanguinante nella stanza, sono scattate le nuove parole d’ordine: l’islam non c’entra, la cultura pakistana non c’entra, l’immigrazione non c’entra. E allora cosa c’entra? Ma il patriarcato, ovvio. Il loro, ma soprattutto il nostro. E lo ius soli? Non c’entra nulla, ma viene comunque tirato in mezzo, come si è tentato indegnamente di fare con il caso di Seid Visin, che peraltro, essendo adottato, era già italiano e quindi della cittadinanza regalata da Letta non se ne sarebbe fatto nulla. Insomma, è colpa nostra. È sempre colpa nostra.
Goffredo Buccini, sul Corriere della Sera, parla dei figli degli immigrati come persi in una terra di mezzo, fornendo in realtà una spiegazione di mezzo, ipocrita, opportunista, che sì, punta il dito sulle rigidità delle famiglie immigrate che non vogliono l’integrazione dei figli, ma poi spunta fuori che la colpa della mancata integrazione è la nostra e sapete perché? Ma perché non c’è lo ius soli, ovvio. Su Rolling Stone, intanto, ci rassicurano sul fatto che in Pakistan i matrimoni combinati sono illegali, assolvendone quindi la relativa cultura locale, salvo poi dirci che c’è qualche difficoltà a far rispettare concretamente la norma.
Ora, intendiamoci, di tutte queste chiacchiere a vuoto che non solo la sinistra, ma spesso anche la destra spande a piene mani, di formule vuote come «integrazione», «assimilazione», dei ridicoli manicheismi su islam sì o islam no, delle baruffe sul velo e sui «valori dell’Occidente» noi ce ne freghiamo. Essendo fatta di nulla, la nostra società non può integrare alcunché, come aveva capito in grande anticipo sui tempi anche una mente non sospetta di simpatie etniciste come quella di Guy Debord. Né una qualsivoglia assimilazione è possibile in questo contesto demografico, politico e culturale. Quanto all’islam, la sua bontà o cattiveria, molto semplicemente, non dovrebbe essere un nostro problema, ma semmai delle terre in cui tale religione è storicamente radicata da secoli.
Strabismo colpevole
Quello che però è interessante rilevare in tale non-dibattito è lo strabismo colpevole (e spregevole) dei nostri commentatori. Se per giudicare religioni e culture altrui, infatti, ci si limita alla puntualizzazione formale, quasi burocratica («In Pakistan è vietato questo, nel Corano non c’è scritto quest’altro» etc) e poi si chiude la questione, quando poi si passa a giudicare la nostra società tutti i parametri cambiano. Qui da noi, non esiste più l’obiezione formale, tutto è sistemico. La conoscete, no, questa nuova parolina totem? Il razzismo? Sistemico. L’omofobia? Sistemica. Il sessismo? Sistemico. Se qualcuno stupra non è semplicemente un criminale, ma esprime una generale «cultura dello stupro». Non è la violazione di una norma, ma la sua espressione genuina. Se uno compie un crimine contro un immigrato esprime in realtà un razzismo ubiquitario, che è la regola, che permea tutta la società. Più il nostro mondo diventa anti identitario e anti virile, più si diffonde un’allucinazione collettiva che lo vuole patriarcale, razzista, machista. E quindi bisogna intervenire per renderlo ancora più anti identitario e anti virile, in una spirale discendente senza fondo. C’è, insomma, una sola cultura che può essere integralmente, totalmente colpevole, senza sconti, senza resti: la nostra.
Adriano Scianca
5 comments
Questi articoli sono magistrali. Anche sotto il punto di vista filosofico.
A proposito di strabismo culturale, ho la brutta sensazione che il sito di informazione Vox sia stato oscurato. Se fosse vero sarebbe una vergogna, oltre che la dimostrazione che siamo in piena dittatura del pensiero liberalprogressista. Particolarmente aggressivo con i popoli e gli individui di razza bianca, buono e tenero con tutti gli altri.
[…] Il caso di Saman e quello spregevole strabismo culturale della sinistra […]
[…] caso spinoso, anche questo, come quello della povera Saman Abbas, frutto di una cultura radicalmente diversa dalla nostra, dove il patriarcato — quello vero e non […]
Concordo con il pensiero del direttore in particolare nella sintesi “ipocrisie del pensiero dominante” cui la derivazione naturale dello “strabismo colpevole” la cui spregevolezza si concretizza poi, come giustamente Scianca evidenzia, nella continua ricerca della colpa nella nostra cultura, semmai conservasse ancora pieghe identitarie anche solo accennate.
Userò le parole di una grande uomo: “I popoli europei hanno edificato una Civiltà unica nella storia. La sua forza creatrice, malgrado i millenni , non si è esaurita, gli stessi che si dichiarano suoi nemici ne riconoscono implicitamente l’universalità….La civiltà europea ha operato una sintesi tra le aspirazioni spirituali e le necessità materiali.” e ancora ecco quindi che oggi ancor più del passato, !rifiutarsi di paragonare la nostra civiltà e la cultura occidentale ai vagiti primordiali” dei canti tribali esotici e alle nenie di religioni e civiltà oscure totalitarie e violente, significa “sorridere all’evoluzione del diritto di autodeterminazione dei popoli e dare prova di uno “spirito malsano e ribelle”
Virgolettato di Dominique Venner 1935 – 2013.