Roma, 6 nov – Ormai se non sei nel mirino di qualche potere simil-mafioso non sei nessuno. E allora, per darsi un tono, ognuno cerca di creare attorno a sé quell’aura di pericolo imminente che serve per mandare in brodo giuggiole l’opinione pubblica civilmente impegnata.
Il commissario di Roma, Paolo Tronca, per esempio, si è subito dato il tono del martire designato. Ed ecco che, appena giunto in Campidoglio, avrebbe iniziato a gestire la capitale con un gesto forte: ha fatto spostare la scrivania dell’ufficio del sindaco per evitare il rischio cecchini. Neanche fosse il commissario di Aleppo.
Ma chi è che dovrebbe addirittura appostare dei tiratori scelti con fucile di precisione per impallinare l’uomo chiamato a fare da successore a Marino? I temibili killer di “mafia capitale”? I Casamonica? Gli ultras di Roma e Lazio? I tassinari? I finti legionari del Colosseo? Non è chiaro e forse il commissario ha letto troppi libri di spionaggio.
Di sicuro la mossa è strategica: più è nel mirino di presunti malintenzionati, più il commissario diventa intoccabile. Più si è in emergenza, più le decisioni diventano indiscutibili. Che poi è la logica emergenziale grazie alla quale facevano incetta di appalti Buzzi e compagnia. E così il cerchio si chiude.
Giuliano Lebelli
1 commento
La storia racconta di due grandi prefetti
Mori e Dalla Chiesa ….il resto come diceva un cantante e’ noia