Prato, 12 giu – Sono scattate le manette per tredici imprenditori cinesi operanti nella provincia di Prato; l’accusa è di sfruttamento dei lavoratori clandestini per la produzione di mascherine, attività per cui avevano riconvertito le loro fabbriche. I lavoratori non in regola con i permessi di soggiorno sarebbero una novantina. Oltre ad eseguire i fermi, la Guardia di finanza ha sequestrato centinaia di migliaia di dispositivi di protezione individuale, destinati alla Protezione civile e alla centrale acquisti per la Sanità per conto della Regione Toscana (Estar). Si tratta quindi delle mascherine che la regione aveva distribuito fino ad ora ai cittadini toscani a titolo gratuito. Tra i reati contestati vi sono la truffa ai danni dello Stato, frode nelle pubbliche forniture di mascherine chirurgiche, favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e sfruttamento della manodopera.
Condizioni inumane
L’inchiesta trae origine da una serie di controlli a cui era stato sottoposto un imprenditore cinese, che, L’Arno definisce come «subappaltatore occulto», e che avrebbe sfruttato i propri operai, 23 connazionali, costringendoli a turni massacranti di 16 ore al giorno. Ai lavoratori non erano concessi riposi festivi e potevano godere solo di una pausa di 10-15 minuti per mangiare durante tutto l’arco del turno. Inoltre erano costretti a dormire nel stesso laboratorio in cui lavoravano. I controlli si sono successivamente estesi ad altri imprenditori che avevano intrapreso la riconversione della propria attività. Le ditte individuali perquisite, solo nel distretto tessile di Prato, sono 28, tutte gestite da cinesi, a cui si aggiungono tre società più strutturate e i domicili di alcuni rappresentanti legali e di dipendenti.
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La tratta dei gialli perpetrata dei gialli.
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