Cagliari, 31 mar – “Riusciamo a stento a coprire l’accoglienza per questo nuovo arrivo”: é il preoccupato annuncio che il prefetto di Cagliari Perrotta ha dato alle telecamere dell’emittente sarda Videolina direttamente dal porto in cui, l’ultimo giorno d’inverno, sono sbarcati ben 667 immigrati (520 uomini, 108 donne e 39 bambini). Il bando di gennaio per il reperimento di 5000 posti letto per immigrati in strutture alberghiere é andato praticamente deserto e non é servito parlare di “soldi sicuri”, “occasione di sviluppo, crescita economica ed occupazionale” (parole riferite dal Prefetto in persona e dal suo ufficio stampa, non da Buzzi) per far cambiare idea ai sardi. Per questo la principale piazza del capoluogo isolano torna a riempirsi di immigrati pure la notte: come giaciglio il cartone degli imballaggi e tutto interno il degrado.
Ma perché la Sardegna non vuole piú sfruttare le nuove “risorse” del terzo millennio? C’é chi incolpa lo Stato e i suoi i ritardi nei pagamenti alle strutture di accoglienza. Ma, andando a controllare, scopriamo che la morosità non supera nemmeno i 90 giorni visto che é in liquidazione il mese di gennaio: ben poca cosa rispetto ai lauti guadagni che agriturismi e alberghi hanno accumulato in più di 2 anni di “accoglienza”. Allora come si spiega l’arresto del business che solo fino ad agosto si basava su vitto, alloggio e assistenza di 2.479 “migranti” ricevuti in 61 diverse strutture (ultimi e unici dati reperibili dal sito della prefettura)? Uno dei motivi è sicuramente rappresentato dalle frequenti proteste e dai disordini di cui gli ospiti africani e asiatici si rendono protagonisti: da un hotel di Narcao dove hanno bloccato una strada statale per diverse ore contestando l’isolamento del comune sardo, ad un agriturismo presso Palmadula davanti al quale gli immigrati si sono asserragliati nei pullman perché non contenti della sistemazione e dove in seguito si è persino verificato un accoltellamento. Come non ricordare, poi, le più recenti sfide con bastoni, mattoni e seghe dentate avvenute all’interno del devastato centro di accoglienza di Sorso e finite con un orecchio staccato a morsi e 7 arresti o il sequestro a Sarule di un’operatrice da parte dei richiedenti asilo alloggiati nell’ennesimo agriturismo. E l’elenco potrebbe continuare con gli episodi simili di Tonara, Villanovaforru, Sadali, Cagliari e decine di altri ancora: le cause scatenanti sono quasi sempre legate all’intolleranza dell’isolamento regionale.
Agli albergatori sardi sarà dunque bastata una valutazione del rapporto costi-benefici per snobbare le invocazioni del prefetto Perrotta: anche se per ciascun “ospite” la paga assicurata dallo Stato va dai 35 euro giornalieri e fino a 45 euro per i minorenni non accompagnati, i ricavi non riuscirebbero a coprire i costi di un’eventuale danneggiamento delle strutture, il danno di immagine causato dall’ennesimo articolo di cronaca né a dissipare il timore di trovarsi in mezzo a maxirisse che sempre più frequentemente si registrano tra i presunti profughi. Da qui la rottura della tanto mediaticamente osannata “macchina dell’accoglienza” sarda.
Impressione a cui aggiungere le reazioni della popolazione locale agli ultimi studi demografici, tra i quali il più catastrofico è quello dell’ Iares (Istituto Acli per la ricerca e lo sviluppo): entro il 2060 gli abitanti dell’isola diminuiranno di 300mila unità nonostante la “sostituzione” dei sardi emigrati con gli immigrati provenienti dai due continenti vicini. Un brutto colpo per i nonni che assistono al ripopolamento della stessa isola lasciata dai nipoti da parte di masse alloggene che fino a qualche anno fa non si erano mai viste, soprattutto nell’entroterra. In definitiva, alle considerazioni puramente legate al business si somma un più generale inquadramento del fenomeno migratorio all’interno del progetto di “grande sostituzione dei popoli”. Un progetto che fa arricchire presto chi lo promuove senza scrupoli, ma che a lungo termine impoverisce tutti.
Vittorio Susinno
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solidarietà ai fratelli immigrati costretti a vivere con gente come operatori coop e pd.