Roma, 22 dic – Si avvicina la fine dell’anno, è tempo di bilanci. Qualche giorno fa l’Espresso, scopiazzando la solita moda d’oltre Atlantico, ha messo in copertina il volto di Valeria Solesin, l’italiana morta al Bataclan, nominata “persona dell’anno” dalla rivista. Con tutti il rispetto per la giovane veneziana e la sua fine orrenda e ingiusta, crediamo che il mondo di cui tale testata è espressione meriti testimonial di tutt’altro rango. Il Primato Nazionale scende allora in campo e fa la sua controproposta: per noi la persona dell’anno è Salah Abdeslam. Ma sì, il killer fuggiasco di Parigi. La verità di questa società è nella vita avventurosa e sanguinaria di Salah, non nella storia della Solesin. Per almeno quattro, ottimi motivi.
- Tanto per cominciare, Salah è un “nuovo europeo”. Figlio di immigrati marocchini, abitante della multiculturale Bruxelles, egli rappresenta tutto ciò che l’immigrazione vorrebbe essere e invece non è. Malgrado la stampa si sia sforzata di definirlo un “francese come tutti gli altri”, la sua storia rappresenta proprio l’esempio di una integrazione fallita, i cui elementi anziché fondersi tendono a separasi fatalmente, come in un’emulsione di acqua e olio.
- La storia della vita di Salah pre-conversione è inoltre un caso di scuola di quale sia la “koiné”, il modello culturale che sorregge questa pretesa integrazione: delinquente seriale, frequentatore di bar gay (non è chiaro se per scopi “ludici” o solo per rubacchiare portafogli), Abdeslam ha passato gran parte della sua vita adulta fumando hashish e giocando alla Playstation. Chi lo conosceva dice che non valeva neanche la pena andarlo a cercare prima delle 15, tanto non era sveglio. Per non farsi mancare nulla, il fratello “buono” (non Brahim, altro attentatore, ma Mohamed) è stato coinvolto in passato in una storia di sciacallaggio su cadaveri.
- È di queste ore la notizia che, la notte stessa dell’attentato, Salah è stato fermato tre volte da posti di blocco della polizia e lasciato andare. Anche questo è paradigmatico e dice la parola fine sull’ossessione securitaria e sull’illusione della protezione sorta dopo gli attentati.
- Prima dell’attentato al Bataclan, Salah è probabilmente stato in Siria, dove ha ricevuto istruzioni e addestramento dallo Stato islamico. In Siria sarebbe anche ritornato dopo gli attacchi, pur essendo l’uomo più ricercato d’Europa. La sua storia è quindi indissolubilmente legata al martirio di questa terra, diventata dall’oggi al domani il nemico pubblico numero uno per motivi inconfessabili, sottoposta a diffamazione mediatica martellante, destabilizzazione interna, isolamento esterno, attaccata infine da milizie jihadiste spacciate da tutti i giornaloni democratici per frange ribelli “moderate” e da operazioni militari occidentali sporchissime. Oggi, gran parte della Siria è l’inferno in terra e questo lo si deve solo, solo, solo all’Occidente. Salah Abdeslam è uno dei demoni di questo inferno. La responsabilità ricada su chi l’ha evocato. È vostro figlio, è il vostro idolo. Tenetevelo stretto.
Adriano Scianca
2 comments
L’informazione dei media crea quando vuole eroi , mostri , cattivi, buoni ,dipende cosa serve al momento
Quel ceffo ha fatto in Europa semplicemente quello che in fondo vorrebbero farci i suoi paesani o che ci faranno non appena si sentiranno abbastanza forti e numerosi.
Non so chi sia il personaggio dell’anno, ma sicuramente la cazzata dell’anno, anzi, degli ultimi decenni è che esiste un islam moderato.