Milano, 10 apr – Sconto di pena per Ousseynou Sy, il 47enne di origini senegalesi che, il 20 marzo del 2019, l’autista senegalese che lo scorso 20 marzo sequestrò e incendiò l’autobus di cui era alla guida e che trasportava 50 ragazzini di una scuola media. Una strage sfiorata per un pelo, una vicenda che ha visto Sy condannato a 24 anni per sequestro di persona, incendio, resistenza e lesioni personali con l’aggravante della finalità terroristica.
Ebbene, come riporta Il Giornale ieri Sy ha ricevuto una grossa riduzione di pena passando da 24 a 19 anni di reclusione. Cade, secondo la sentenza, l’accusa di lesioni, riassorbita come aggravante nel reato di strage. I giudici confermano invece l’aggravante della finalità terroristica e gli altri capi di imputazione, quali il sequestro di persona a scopo di terrorismo e l’incendio.
Ousseynou Sy voleva bruciare un autobus pieno di bambini
Sy avrebbe voluto compiere una strage sulla pista dell’aeroporto di Linate, per condizionare la politica in materia di immigrazione e «intimidire la popolazione». Da qui la decisione di prendere in ostaggio, lo scorso 20 marzo, lo scuolabus che guidava abitualmente e sul quale viaggiavano gli studenti coinvolti nel dirottamento. Ousseynou Sy aveva poi legato i propri ostaggi e cosparso di benzina l’interno del mezzo, pronto a dargli fuoco. Decisiva la chiamata delle forze dell’ordine da parte di alcuni studenti a bordo del bus, che aveva consentito ai carabinieri di raggiungerlo, bloccarlo ed evacuare i passeggeri pochi istanti prima dell’incendio.
Atroci testimonianze
Tra le testimonianze più devastanti, quella di Tiziana Magarini, che quel giorno accompagnava i bambini a scuola. Da quel 20 marzo, confessa la donna, «non dormo più, sogno le fiamme». Tiziana fu l’unico ostaggio a cui non erano stati legati i polsi, perché Ousseynou Sy l’aveva obbligata a svolgere dei compiti: legare i bambini, sequestrare i cellulari, persino versare la benzina dalla tanica all’interno dell’abitacolo, scegliere due studenti da usare come scudi umani.
«Mi diceva di prendere i più piccoli… Io non volevo, non sapevo cosa fare… Alla fine furono Nicolò e una bambina a dirmi: Tiziana non preoccuparti, andiamo noi». In quei minuti, l’unico pensiero della donna era «la morte». E prosegue nel racconto: «Io gli chiedevo: Ma cosa fai, sono dei bambini. Lui non rispondeva, parlava da solo, ha fatto una telefonata in una lingua straniera. A noi ha detto solo: Adesso vi porto a fare un bel viaggetto, da questo pullman non scenderete più».
La prima condanna di Ousseynou Sy
Il 15 luglio 2020, la Corte d’Assise di Milano ha condannato Ousseynou Sy a 24 anni di carcere, accogliendo le tesi dei pm Luca Poniz e Alberto Nobili che avevano richiesto una riqualificazione del crimine ascritto al 47enne da «sequestro» a «sequestro con finalità di terrorismo». Al senegalese vennero tuttavia riconosciute le attenuanti generiche del caso decretando, però, l’interdizione dai pubblici uffici. Ciascuno dei ragazzi — costituiti con i genitori parte civile del processo — che si trovavano sul bus incendiato fu risarcito a titolo provvisionale di 25mila euro.
Cristina Gauri
2 comments
Alla prossima occasione il reato non esisterà più. Quel cane sarà riabilitato, avrà un congruo indennizzo, il reintegro nel lavoro e pure un monumento nella piazza centrale. Oggi la giustizia è questa; che ci possiamo fà.
La fine dell’impero romano causa totale lassismo non ha insegnato nulla – Italia ed UE destinate a seguirne il destino, con quello che seguirà probabilmente anche peggio del medioevo.