Roma, 14 lug – Il 4 luglio scorso il Consiglio dei Ministri, su proposta del ministro degli Affari Esteri Gentiloni e della Difesa Pinotti, ha approvato il decreto legge che consente all’Italia di partecipare alla nuova missione militare congiunta in Mediterraneo per “interrompere il modello di business” del traffico di esseri umani dalle coste del nord Africa: Eunavfor Med.
La missione prevede la partecipazione di 14 stati membri dell’Unione Europea con il compito di porre fine al fenomeno immigratorio ma nel contempo di “contribuire a ridurre ulteriori perdite di vite umane in mare”.
E’ il caso di dire, ancora una volta, che la montagna ha partorito il topolino.
Il problema infatti sono, ancora una volta, le “regole di ingaggio”, o se vogliamo il campo d’azione di questa, esigua, forza congiunta europea. Infatti la missione non potrà colpire gli “scafisti” né in mare né sul territorio libico di partenza, dato che per questo tipo di operazione è necessario il nulla osta dell’ONU, che, a quanto sembra, è ancora molto lontano dall’arrivare.
Del resto se anche si potesse operare attivamente sulle coste libiche occorrerebbe comunque la stipulazione di appositi trattati con le autorità locali che… non esistono. Quindi non serve essere dei generali per capire che l’operazione si limiterà solo a raccogliere i clandestini affondando i barconi che li trasportano successivamente. Una sorta di prolungamento europeo delle già sciagurate operazioni Mare Nostrum/Triton, operazioni che, lo ricordiamo, hanno solamente fatto aumentare esponenzialmente il numero di clandestini sulle nostre coste da quando sono state istituite.
Quindi non si capisce bene il senso del voler “interrompere il modello di business” dei trafficanti avendo entrambe le mani legate dietro la schiena, e, in prospettiva, sembra anzi che l’operazione sia solo una sorta di paravento europeo per venire incontro alle lamentele italiane che vorrebbero “più Europa” nel quadro del controllo dell’immigrazione clandestina. Europa che, giustamente, a fronte della nostra imperterrita politica di accoglienza senza limiti, sta dando un esiguo contributo militare a Eunavfor Med, un contributo quasi simbolico se consideriamo che il Regno Unito, ad esempio, ha inviato solamente una piccola nave ausiliaria (la “Enterprise”) praticamente disarmata e dotata solo di un elicottero EH-101 SAR, ritirando la precedente nave da assalto anfibio “Bulwark”. Questo è anche un segnale da parte inglese, forse, che se non possono essere loro a comandare, stante il fatto che il comando della missione è italiano, dimostrano di non essere interessati a risolvere il problema.
Problema che, considerando la seconda finalità della missione, sarebbe risolvibile solo attraverso respingimenti assistiti dopo aver tratto in salvo le persone in mare, ma di questo, ovviamente, in Italia non se ne parla, e a quanto pare nemmeno in Europa.
Del resto i vari governi europei sono stati molto espliciti in questi mesi sull’argomento: i clandestini recuperati in mare sono e saranno solamente affidati all’Italia, salvo piccole quote di coloro che ottengono lo status di rifugiati.
Qui si apre un’altra parentesi, vagamente e distrattamente toccata anche dal Presidente del Consiglio, ovvero quanti di questi clandestini siano davvero profughi di guerra e quanti invece siano, come detto da Renzi, “migranti economici”. Analizzando le migrazioni di profughi di guerra durante la storia recente e meno recente quello che balza all’occhio è che la popolazione, per sfuggire ai combattimenti, si rifugia nei paesi immediatamente confinanti. Del resto anche oggi, la maggioranza dei profughi siriani si trova in Libano e Giordania, ben pochi sono quelli che arrivano sulle nostre coste; oppure, ricordando il genocidio del 1994 in Rwanda, i campi profughi si trovavano in Tanzania o nella Repubblica Democratica del Congo (l’allora Zaire). Quindi, considerando anche il fatto che per venire sulle nostre coste viene richiesto ai clandestini l’elargizione di una notevole somma in denaro dalle mafie nord africane e dagli stessi jihadisti, riteniamo che anche coloro che potrebbero avere lo status di “profughi” siano comunque alla ricerca di condizioni di vita migliori dal punto di vista economico, volendo godere dello stato sociale e delle opportunità lavorative che offre il nostro Continente e pertanto siano da considerarsi comunque dei “migranti economici”.
Eunavfor Med, stante l’attuale situazione giuridica in cui è relegata, a tutti gli effetti diventerà l’ennesimo strumento, questa volta europeo, di immigrazione assistita con la certezza, numeri alla mano, che non farà che continuare ad aumentare il flusso di persone dirette verso le nostre coste andando così ad ingrossare i portafogli di chi sta lucrando su questo osceno traffico di uomini, sia in patria che nel nord Africa.
Paolo Mauri