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Dossier Cremona: dagli scontri di domenica alla guerriglia di ieri

by Giuliano Lebelli
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dordoni-3-300x225Cremona, 25 gen – Avevano chiamato a raccolta gli antifascisti da tutta Italia e anche dall’estero, i militanti del Centro sociale Dordoni, per la manifestazione di sabato 24 gennaio a Cremona contro la locale sezione di CasaPound. Il corteo è stato anticipato da misure di sicurezza degne dello sbarco dell’Isis. Leggiamo sul Corriere della Sera: “Rimossi tutti i cestini dei rifiuti nelle vie del corteo, tolti anche tutti i plateatici e vietato il parcheggio delle auto in centro. I commercianti del centro sono stati invitati dalla Polizia Locale a tenere le saracinesche abbassate nel pomeriggio di sabato e a coprire le vetrine per evitare imbrattamenti e danneggiamenti”.

Le precauzioni si sono rilevate preveggenti: gli antifascisti hanno sfilato con caschi e bastoni, lanciando fumogeni, bombe carta e altri oggetti verso la polizia in tenuta antisommossa. I manifestanti hanno tentato di assaltare la sede di Casa Pound. Si è trattata di una vera e propria imboscata perché i militanti antifascisti si sono nascosti e poi sono sbucati armati di molotov, sassi e bombe carta.

Prosegue il Corsera: “Gli scontri sono proseguiti in via Dante, dove alcune auto sono state date alle fiamme; ferito lievemente un ufficiale dei carabinieri. In via Dante e viale Trento e Trieste sono state prese di mira le filiali di alcune banche, le cui vetrate sono state distrutte. Gli antagonisti si sono poi diretti verso la sede del Comando di polizia locale, in piazza Libertà, e ne hanno preso d’assalto la facciata con spranghe e cartelli stradali divelti. Hanno provocato grossi danni e distrutto le vetrate, ma non sono riusciti ad entrare. Si sono diretti poi alla stazione per prendere il treno per Roma, sempre ‘blindati’ dalla polizia”.

È stata inoltre assalita la caserma della polizia locale (all’indirizzo della quale è stata lanciata una bomba carta), accerchiata quella dei carabinieri, due feriti (codici gialli).

Al corteo erano presenti delegazioni di Rifondazione, Sel, Usb e Anpi, e manifestanti dell’area della sinistra da tutta Italia. Vista la malaparata, Pontiggia e Galletti, del Pd, fanno sapere: “Non stiamo partecipando alla manifestazione. Abbiamo portato un saluto alle forze democratiche”.

In serata, il Pd a firma dello stesso Roberto Galletti (segretario cittadino del Pd di Cremona) e di Matteo Piloni (segretario provinciale del Pd di Cremona) diramerà il seguente comunicato in cui si “condanna con forza anche queste violenze e i suoi responsabili”. Anche Anpi, Cgil e Arci hanno preso le distanze dalle violenze. Sarebbe interessante sapere quanti dei violenti fossero tesserati con le tre associazioni, ma probabilmente non lo sapremo mai.

dordoni 1Di sicuro costernata e indignata per l’esito della manifestazione è la cittadinanza di Cremona.

Le violenze commesse dai manifestanti sono state raccontate in modo piuttosto singolare da alcuni media. Per esempio da L’Internazionale, che ha scritto: “Momenti di tensione tra le forze dell’ordine e il corteo antifascista a Cremona, quando la testa della manifestazione è stata presa da alcune persone vestite di nero che indossano caschi e impugnano bastoni”. Per queste testate, quindi, esistono i manifestanti, i militanti, gli antifascisti, e poi esistono delle misteriose persone vestite di nero sbucate da chissà dove, che nell’indifferenza generale possono prendere la testa di un corteo di duemila persone e far partire la guerriglia. Forse scrivere “Manifestanti antifascisti mettono a ferro e fuoco Cremona” sembrava un po’ indelicato…

Ma qual è l’origine di tutto ciò?

Prima di andare ai fatti di domenica 18 gennaio, bisogna fare un salto ancora più indietro. visigalli 5È il 4 maggio 2013 quando CasaPound apre a Cremona. Il centro sociale Dordoni scende subito sul piede di guerra. Nei video della manifestazione del centro sociale nel giorno dell’apertura si vedono spranghe e caschi, nonché un signore di una certa età aizzare i ragazzini al megafono, lanciando i cori “Le sedi dei fascisti si chiudono col fuoco, ma coi fascisti dentro, sennò è troppo poco”. E anche (minuto 2.17) “facciamogli sentire il legno sulla testa”. A quella manifestazione parteciperà anche Emilio Visigalli.

È in questo contesto che vanno inquadrati i fatti del 18 gennaio. Cosa è successo?

I militanti del Dordoni denunciano un vero e proprio assalto premeditato al Centro sociale in cui loro erano presenti per fare le pulizie. “Intorno alle 18 l’assalto prima da parte di un gruppo di 10 fascisti, raggiunti poco dopo da altri 40 vigliacchi sbucati dalla via vicina al Dordoni”, è la cronaca che si legge nel sito vicino agli antagonisti, infoaut. La storia dell’attacco in due tempi non verrà ripetuta sempre, in altre occasioni si parlerà direttamente di 50 o addirittura 60 fascisti che in blocco attaccano lo spazio occupato (in 60 armati contro 8 indifesi, peraltro, i “fasci” avrebbero sì ferito gravemente un antagonista, ma avrebbero lasciato pressoché illesi gli altri e non avrebbero toccato il Centro sociale…).

Eppure, secondo quanto dichiarato da loro stessi al Corriere della Sera, sarebbero stati i militanti del Centro sociale per primi a essersi recati allo stadio Zini di Cremona per “restituire” ai militanti di Cpi degli adesivi trovati vicino alla loro sede. Gli stessi antagonisti, quindi, ammettono di essere andati a cercare i militanti di CasaPound. Quelli del centro sociale sanno che i ragazzi di Cpi sono allo stadio perché avvertiti da loro sodali in curva, che hanno notato la presenza, peraltro senza simboli, di militanti di CasaPound allo stadio.

Secondo la versione di CasaPound, invece, i ragazzi di Cpi sarebbero tranquillamente usciti dallo stadio e al momento di andare a prendere le macchine al parcheggio – che è di fronte al Centro sociale – si sarebbero trovati di fronte una decina di loro, con caschi e manici di piccone.

visigalli 3Ne nasce comunque una colluttazione in cui ha la peggio un militante del Centro sociale. Che attenzione, è un ex appartenente alla destra radicale, e quindi non un bonario signore democratico come ci vogliono far credere.

C’è anche un ferito di CasaPound, che riporta 20 giorni di prognosi per ferite alla testa.

Secondo la pagina facebook del Dordoni, subito dopo “c’è stata una carica di alleggerimento da parte della celere per permettere ai fascisti rimasti nella zona di andarsene indisturbati”. Il Centro sociale parla di 50 militanti di Cpi, provenienti anche da fuori, in particolare da Parma e Brescia. In realtà 50 sono gli identificati, molto dopo i fatti, al bar Matisse vicino allo stadio, fra cui molti tifosi del tutto ignari di quanto accaduto. I militanti di Cpi erano una decina.

Il quadro, insomma, è questo: per attuare un’aggressione squadrista premeditata, i militanti di Cpi prima vanno allo stadio tutti insieme, dove vengono riconosciuti da tutti, poi, una volta terminati gli scontri, vanno tranquillamente al bar lì vicino ad aspettare la polizia. Proprio un’azione da commando ninja…

Insomma, le cose non quadrano. Non a caso lo stesso questore di Cremona ha dichiarato (minuto 3.13): “Non riteniamo ci sia stata un’aggressione pre-ordinata con soggetti provenienti da altre città”. Anche la questura di Parma ha smentito la presenza di elementi

Gazzetta di Parma, 22/01/2015, pagina 8.

Gazzetta di Parma, 22/01/2015, pagina 8.

parmensi: “Dagli accertamenti è emerso che nessun esponente del movimento cittadino è stato coinvolto nell’azione contro il centro sociale Dordoni”.

Alla fine gli indagati saranno otto, quattro esponenti del Centro sociale Dordoni e quattro di CasaPound. Una decisione pilatesca e cerchiobottista, da parte della questura, ma che fa capire come la storia raccontata dal Dordoni non abbia retto a un minimo di indagine. Rissa aggravata e lesioni gravissime i capi d’accusa.

Il giorno dopo un tesserato di Cpi che fa il postino è stato riconosciuto sul lavoro da una ronda del centro sociale e si è dovuto asserragliare in un condominio per sfuggire al linciaggio. Inoltre i militanti più giovani del centro sociale sono anche passati per le classi delle scuole a distribuire materiale antifascista e chiedendo se ci fossero fascisti in classe.

Giuliano Lebelli

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