Roma, 5 set – “Perché in Italia ancora due tamponi negativi per tornare ‘normale’?“. Così l’infettivologo Matteo Bassetti critica il sistema adottato dal ministero della Salute per conclamare la negatività al coronavirus. Un metodo che comporta che “un numero imprecisato di persone appartenenti alle fasce più produttive” resti “lontano dalla vita sociale e produttiva, in un momento in cui l’economia sta faticando a riprendersi, dopo una crisi numericamente senza precedenti”. Insomma, con il sistema del doppio tampone si rallenta e si ostacola la ripresa del Paese, fa presente l’esperto, da settimane impegnato a dare una lettura realistica dei numeri dell’epidemia di coronavirus, opposta quindi a quella della narrazione giallofucsia, allarmistica e catastrofista, secondo cui saremmo in un’emergenza permanente.
“Ministero Salute si adegui a linee guida Cdc Usa e Oms”
“Sarebbe importante che il ministero della Salute adeguasse le linee guida italiane a quelle del Cdc americano e dell’Oms per il termine dell’isolamento domiciliare nei pazienti affetti da Covid-19 (non ospedalizzati) o con tampone positivo al SARS-CoV-2″, spiega Bassetti. Anche perché, fa presente l’esperto, “esiste una crescente evidenza per valutare la fine dell’isolamento domiciliare mediante l’uso di una strategia basata sui sintomi”. Insomma, “il doppio tampone negativo, come lasciapassare al ritorno in comunità, potrebbe essere riservato unicamente in soggetti gravemente immunocompromessi, se consigliato dall’infettivologo”, propone il medico sulla sua pagina Facebook.
Ecco i limiti del tampone
“La attuale strategia italiana comporta un utilizzo eccessivo e non mirato della capacità di effettuare test per l’identificazione di nuovi casi di persone contagiate dal SARS-CoV-2, nonché scoraggia le persone, sintomatiche e non, a sottoporsi a test diagnostici vista l’impossibilità di preventivare ragionevolmente una fine dell’isolamento domiciliare”, sottolinea Bassetti. E il problema è che “come è noto, il test mediante tampone può rilevare ed amplificare particelle di materiale genetico del virus anche a distanza di notevole tempo dalla fine dell’infezione attiva, cioè risultare positivi in soggetti che non sono più né malati né contagiosi“.
Adolfo Spezzaferro