Roma, 28 gen – La nuova campagna pubblicitaria della Marina Militare si affida all’inglese per fare breccia nei cuori e nelle menti dei giovani italiani: “Be cool and join the Navy” è il nuovo slogan coniato dal Ministero della Difesa che accompagna i nuovi bandi di arruolamento.
Sono lontani i tempi di Luigi Rizzo, violatore insieme a D’Annunzio della baia di Buccari e fautore dell’impresa di Premuda, e di Luigi Durand de la Penne, incursore che assurse ai massimi onori militari con l’affondamento della corazzata inglese Valiant nel porto di Alessandria d’Egitto.
Sembrano molto lontani anche i tempi della legge navale, susseguente al noto documento chiamato “Libro Bianco della Marina”, che alla metà degli anni ’70 pose le basi per il rimodernamento della nostra flotta e che è stato l’ultimo serio programma di investimento (buona parte delle nostre attuali unità da guerra sono il frutto di quella legge); prima di questa la flotta era sopravvissuta risparmiando al massimo sull’esercizio, limitando le ore di moto delle navi all’essenziale, e sulle infrastrutture con grosse rinunce da parte del personale, specialmente imbarcato: un po’ quanto stiamo assistendo oggi, operazione Mare Nostrum/Triton a parte, con l’attesa del completamento del Libro Bianco della Difesa.
Nel frattempo anche la Marina Militare si è adeguata a quel distorto “mos maiorum” imperante oggi che vuole una sempre maggiore contaminazione della nostra lingua da parte di termini esteri, in particolare anglosassoni, che ha avuto inizio qualche decennio fa in ambito economico/finanziario e che ha raggiunto l’apice (se lo ha raggiunto) in questi anni, dove parole come welfare, spending review, job e tutto il corollario sono praticamente onnipresenti nella stampa e sulle bocche italiane.
Se è vero che in certi ambiti il linguaggio tecnico estero sia d’obbligo, soprattutto ove non vi sia il corrispondente termine italiano, è palese che questa contaminazione si sia estesa in ogni ambito e spesso e volentieri a sproposito: farsi gli autoscatti è passato di moda, ammesso lo sia mai stato, ora si chiamano “selfie”, e se ne abusa.
L’italiano non è una lingua morta, perché riesce a coniare nuovi vocaboli e a evolversi di pari passo con la società, tanto che è una delle lingue più studiate all’estero, ma questa nostra esterofilia lessicale sicuramente non aiuta questa evoluzione, anzi, è pur vero il contrario. Occorre quindi una perfezione formale che rispecchi la nostra civiltà ed il nostro retaggio culturale, deve essere richiesta una padronanza di linguaggio perché questa deve rispecchiare la coscienza di quello che si è, di quello che si è stati: il linguaggio riflette l’essenza.
Se l’essenza è decadente, o contaminata, allora si assiste a un linguaggio scialbo, non corretto, o totalmente estraneo, come in questo caso.
La Marina Militare ha sempre avuto il compito di essere il biglietto da visita della nostra nazione, è sempre stata la spina dorsale delle forze armate e del Paese, ha rappresentato la costanza di valori quali onore e sacrificio: be cool and join the Navy lasciamolo quindi agli inglesi o agli americani, noi non ne abbiamo bisogno.
Paolo Mauri
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