Roma, 27 nov – Gesù Bambino può nascere anche due ore prima, parola del ministro Boccia. Lo ha dichiarato ieri nel corso dell’incontro con gli enti locali discutendo delle nuove misure restrittive in preparazione per le vacanze natalizie.
Messa di mezzanotte addio?
E uno dei nodi principali in vista del Natale è proprio la tradizionale messa di mezzanotte, consuetudine antica, amatissima e seguitissima da migliaia di italiani ogni anno. Ma secondo l’esecutivo «ubi coronavirus, omnia cessat», compresa una delle tradizioni più importanti e radicate nella vita spirituale degli abitanti dello Stivale. Tocca fare sacrifici (sacrum facere, anche se qui il dio è un altro) e quindi niente deroghe al coprifuoco per la messa della Vigilia.
Gesù per Boccia può nascere alle 22
Ed ecco quale è stata la spiegazione: «Seguire la messa, e lo dico da cattolico – pensate quindi se l’avesse detto da ateo – due ore prima, o far nascere Gesù bambino due ore prima non è eresia», spiega il teologo Boccia. La vera eresia per lui è un’altra: «Eresia è non accorgersi dei malati, delle difficoltà dei medici, della gente che soffre. Questa è eresia, non facciamo i sepolcri imbiancati», ha insistito il ministro. Che resta umile, e a sostegno della sua interpretazione dottrinale decide di scomodare persino il Vangelo e cita Gesù mentre bacchettava scribi e farisei (in questo caso, i «negazionisti», come li chiama l’esecutivo).
Boccia scomoda pure il Papa
Deliri mistici a parte, è chiaro che Boccia si riferisce al coprifuoco delle 22 attualmente in vigore. Oltre che rendere di fatto impraticabile la messa di mezzanotte, la proroga di questa misura è stata pensata per scongiurare l’eventualità di cenoni del 24 dicembre, con relativi assembramenti casalinghi. E a suffragio del provvedimento il ministro per gli Affari regionali cita l’operato del Pontefice, rilasciando patenti di ortodossia cristiana solo a chi segue il verbo della pandemia: «Papa Francesco ha dato un esempio bellissimo a tutti nella scorsa Pasqua, a partire dalla Via Crucis. Il Natale non si fa con il cronometro ma è un atto di fede».
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Cristina Gauri
4 comments
Più che teologia è questione di rito e portata operativa del simbolo, con tutto quel che ne consegue di effettivo e non solo pensato o avvertito sentimentalmente (vedasi ad esempio le pagine che Guénon dedica alla questione); la mezzanotte è ontologicamente e metafisicamente la metà della notte (e nel macrocosmo il Natale coincide con il solstizio invernale, che sta alla metà della parte notturna – le ore di buio alle nostre latitudini sono maggiori di quelle di luce – del ciclo annuo solare); analogamente, Dante colloca la Commedia “nel mezzo del cammin di nostra vita”, indicando un “periodo” preciso che, se adeguatamente inteso per via anagogica, esplica un’ampiezza maggiore e un ordine ontologico/metafisico differente dal solo intendimento letterale; dunque il pensare di poter ammettere il “due ore prima del mezzo del cammin di nostra vita” non fa differenza alcuna se rapportato alla mera cronologia profana, ma se rapportato al rito sacrale effettivo non solo rappresenta una banalità priva di significato operativo, ma soprattutto un elemento di grossolana incomprensione, che relega l’evento nell’ambito della professione superficiale ed abitudinaria: e questi sarebbero i sedicenti credenti…
Entrano nella parte e non ne escono più! Chi? I matti con delirio di onnipotenza.
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