Bergamo, 14 mar – Come tutti sanno, Bergamo è una delle città più colpite dal coronavirus. Tanto che, malauguratamente, è addirittura finito lo spazio per accogliere gli innumerevoli morti che il Covid-19 sta mietendo da molte settimane a questa parte: nella città orobica, infatti, le camere mortuarie sono piene. In tutto questo, i medici e gli infermieri delle strutture ospedaliere locali stanno facendo di tutto per salvare la vita dei malati, con uno spirito di abnegazione che ha del commovente. Così come commovente è una gigantografia che apparsa su una delle torri dell’ospedale Papa Giovanni XXIII, uno dei più colpiti dai contagi per coronavirus.
La battaglia di Bergamo contro il coronavirus
La gigantografia, realizzata da Franco Rivolli, ritrae un’operatrice sanitaria che, con guanti e mascherina, stringe amorevolmente uno Stivale rosso che, all’estremità inferiore, si trasforma in un drappo tricolore che ricorda da vicino l’iconografia risorgimentale. Il tutto sormontato da un «A tutti voi… grazie!». L’immagine è stata condivisa anche dal governatore della Lombardia, Attilio Fontana, che ha ringraziato ancora una volta i medici e gli infermieri in prima linea: «Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, uno dei poli sanitari più duramente colpito dall’emergenza proprio in questo momento. Grazie! Forza», ha scritto su Facebook Fontana.
Il linguaggio della patria
Ciò che colpisce di questa gigantografia meravigliosa è, ancora una volta, il ricorso spontaneo al linguaggio patriottico. Lo abbiamo osservato nei cittadini che, dai balconi, hanno ripreso a intonare l’inno di Mameli come canto di comunione fraterna, ma anche negli scritti di alcuni intellettuali di sinistra che – sinceramente o meno – hanno ripreso a utilizzare una simbologia chiaramente nazionale. La gigantografia di Bergamo, in effetti, ricorda da vicino l’iconografia che ha accompagnato generazioni e generazioni di italiani: una figura femminile – rappresentante l’Italia o la vittoria – che stringe a sé i patrioti del Risorgimento o i fanti della Grande guerra caduti per la nazione. Insomma, nel momento più cupo, gli italiani stanno reimparando il linguaggio della patria. Che tutta questa morte possa celare in sé la più grande rinascita.
Valerio Benedetti
4 comments
Spett.le Redazione,
mi permetto di dire che per me c’è qualcosa che non va in tutta questa faccenda…Un laboratorio franco- cinese da cui parte il virus, l’accordo della Via della Seta che di fatto apriva un’autostrada agli scambi italo-cinesi, l’infezione in Cina, in Iran, poi in Germania che si propaga, guarda caso, non in Calabria e Umbria (con tutto il rispetto, ci mancherebbe!) ma nel motore economico della Nostra Italia…Ovviamente non ho prove, ma Francia e Germania…sempre loro…E poi, dopo che saremo inesorabilmente in ginocchio, vedremo da che paese arriverà il vaccino…Spero solo non ci sia l’autolesionistica partecipazione consapevole di qualche sodale interno (da Badoglio in avanti, ma anche prima, la Storia insegna) e magari intanto al Bilderberg…
Grazie
Carlo
[…] (in cui arriveranno in Italia le prime 9 mila dosi). Il “capo” delle terapie intensive dell’ospedale Giovanni XXIII di Bergamo lo fa per dare il buon esempio: “C’erano venti vaccini per l’ospedale. Di comune accordo […]
[…] (in cui arriveranno in Italia le prime 9 mila dosi). Il “capo” delle terapie intensive dell’ospedale Giovanni XXIII di Bergamo lo fa per dare il buon esempio: “C’erano venti vaccini per l’ospedale. Di comune accordo […]
[…] (in cui arriveranno in Italia le prime 9 mila dosi). Il “capo” delle terapie intensive dell’ospedale Giovanni XXIII di Bergamo lo fa per dare il buon esempio: “C’erano venti vaccini per l’ospedale. Di comune accordo […]