Roma, 20 nov – Dopo un ballottaggio combattuto, l’Argentina ha il suo nuovo presidente. A spuntarla con circa il 56% dei voti ed entrare trionfalmente nella Casa Rosada di Buenos Aires è stato infine Javier Milei, outsider che ha battuto il candidato di orientamento peronista Sergio Massa, il quale si è fermato poco sopra al 44%. Le elezioni presidenziali della Nazione sudamericana si sono svolte in un clima acceso, anche grazie alla personalità istrionica e alla campagna elettorale comunicativamente dirompente del cinquantatreenne Milei a suon di motoseghe tra la folla e performance da vero e proprio intrattenitore.
Milei fenomeno politico argentino
L’economista e scrittore di Buenos Aires è stato considerato in patria il fenomeno politico del momento, una dirompenza dai toni così accesi e da uscite forti che ricorda le vicissitudini del primo Beppe Grillo e del M5s degli albori in Italia, anche per i suoi appelli infuocati contro la “casta politica”. Entrato in Parlamento solamente a fine 2021, la sua ascesa a personaggio pubblico di riferimento per l’area ultraliberista della destra conservatrice inizia dalle poltrone dei talk-show e dalle sue critiche ai governi di Mauricio Macri prima e Alberto Fernández poi. Molto popolare soprattutto tra i giovani, Milei, attraverso slogan forti, ha saputo scalare i vertici politici del Paese. Il suo “piano motosega” per lo Stato e altre proposte controverse hanno saputo imporsi a livello dell’opinione pubblica.
Un futuro con sempre meno Stato, tagli e privatizzazioni
Fedele ai dettami economici neoliberisti della scuola dei vari Mises e Hayek, Milei ha già annunciato bruschi tagli alla spesa pubblica, l’abolizione della banca centrale argentina e la completa dollarizzazione dell’economia. Considerato un anarcocapitalista e fautore dello “Stato minimo” ben spiegato dal filosofo ultraliberista e libertario Robert Nozick, nel 2022 affermava come lo Stato sia “un’organizzazione criminale che si finanzia attraverso le tasse prelevate alle persone con la forza” e di come debba essere drasticamente ridimensionato il suo intervento. Il futuro dell’Argentina, un Paese da anni in una profonda crisi economica e politica, sarà costellato da svendite del comparto pubblico e privatizzazioni a non finire, oltre che una maggiore sottomissione a Stati Uniti e un allineamento incondizionato ad Israele.
Andrea Grieco