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Accoglienza Viterbo, l’Arci ci prova: “Non gonfiamo gli stipendi”. Polidori: “Mostrate la documentazione”

by Cristina Gauri
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Viterbo, 16 dic – “Nessuno di noi prende 2mila euro al mese. Figuriamoci 8mila…”. E’ questa la risposta di Alessandra Capo e Marco Trulli dell’Arci viterbese al consigliere comunale di Vallerano Jacopo Polidori, che durante l’incontro in Sala regia di sabato 13 dicembre ha portato all’attenzione dei presenti i documenti con i costi del progetto di accoglienza Sprar nel suo comune. Una documentazione interessante, soprattutto per quanto riguarda i compensi percepiti dal personale, con voluminose buste paga che nel giugno 2017 arrivano fino a 7999 euro. “Importi lordi, che comprendono la mensilità di giugno e la quattordicesima – si giustifica così Alessandra Capo, direttrice di Arci Solidarietà – Parliamo di uno stipendio netto mensile di 1700 euro che, nel caso specifico di giugno, va raddoppiato perché il lavoratore, in questo mese, prende la quattordicesima. Si arriva, quindi, a un netto di 3482 euro cui bisogna aggiungere il costo aziendale, ovvero le addizionali comunali, regionali, i contributi Inps, l’Irpef, l’Irap e così via fino a 7999. Ma non significa certo che l’operatore sociale prende 8mila euro“.

Dove sono le rendicontazioni?

La tabella coi compensi di giugno 2017 riporta due caselle: contributo richiesto e importo totale. “Il primo è quello chiesto al ministero dell’Interno per il singolo progetto – spiega la direttrice di Arci Solidarietà – e finanziato con un apposito fondo accoglienza del Viminale. Accanto c’è il totale della busta paga, che può comprendere anche lo stipendio dell’operatore per altri progetti. Perché molti dei nostri dipendenti, tutti a tempo indeterminato, lavorano su più di un progetto di accoglienza”. I fondi possono provenire dal ministero o da altri enti o da risorse proprie dell’Arci. Nel caso della busta paga da 8000 euro sono tutte risorse ministeriali. Capo insiste: “È tutto rendicontato e a norma di legge. Importi extra non possono esserci, perché il ministero dà griglie molto rigorose con dei tetti di spesa precisi. I piani finanziari che presentiamo sono controllati prima dai comuni con cui lavoriamo, poi da un revisore dei conti, poi dal ministero stesso, che ci richiede specifiche figure professionali per far partire i progetti”. Ma dove sono queste rendicontazioni? E perché a distanza di dieci mesi non è ancora stato possibile visionarle?

La risposta di CasaPound

“Vi è una differenza tra busta paga e stipendio – spiega Polidori, che il Primato Nazionale ha raggiunto telefonicamente – Nella documentazione che abbiamo mostrato sabato era presente la cifra lorda, mentre non siamo in possesso del netto a ricevere, perché a dieci mesi dalla richiesta ancora non abbiamo ricevuto i cedolini paga (la cui presentazione è obbligatoria per la rendicontazione Sprar). Invece la busta paga la conoscevamo tutti, riguarda il termine lordo di quanto viene percepito”. Il contribuente italiano, però, “paga la cifra lorda. Poi, chiaramente, la somma percepita dagli operatori è minore, ma il costo per i contribuenti è quello segnato sulla busta paga“, chiarisce Polidori, aggiungendo che “Quando si degneranno di consegnarci i cedolini, faremo anche i conti su quanto viene realmente percepito”. Inoltre, fa sapere il consigliere, “Per quanto riguarda la pista di controllo, (un documento per il controllo contabile che deve essere firmato dai revisori dei conti e dal comune, e che attesta la presenza di documenti che vanno a provare l’operato di una struttura) in data attuale sono in possesso di pochissimi documenti tra quelli presenti nella pista. Il revisore ha attestato la loro presenza, ma io non posso ancora visionarli: parliamo dei cedolini, gli incarichi dei professionisti per le varie attività intraprese, le relazioni del progetto. Io ancora non li ho. E stiamo parlando del 2016, anno di cui la rendicontazione si chiude a maggio 2017. Doveva essere a disposizione a partire da due anni e mezzo fa, eppure sono dieci mesi che sto aspettando”.

L’ammissione: esiste un business delle coop

“Non vorrei parlare di stipendi e di cifre”, dichiara il presidente di Arci Lazio Marco Trulli, “L’immigrazione è anzitutto capitale umano. È diventata anche risorsa economica per alcune famiglie del territorio che negli Sprar lavorano, ma questo non ha nulla a che vedere con la speculazione o il business delle coop”. Un’affermazione pesante quest’ultima, quasi un’ammissione del fatto che esiste effettivamente un sistema di cooperative che lucrano sui fenomeni migratori e si ingrassano dei proventi derivati dall’accoglienza del cosiddetto “capitale umano”.

Cristina Gauri

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2 comments

Jos 16 Dicembre 2019 - 2:29

“…stipendio netto mensile di 1700 euro ..” molti dipendenti, privati/statali, sarebbero pronti a mettere la firma per un cosi povero stipendio….

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