Roma, 12 giu – Nei giorni scorsi è tornato in auge il dibattito nazionale relativo al salario minimo di almeno 9€ l’ora. Un provvedimento su cui da anni Movimento 5 Stelle e Partito Democratico danno battaglia in Parlamento e nel tessuto sociale, dichiarando che l’avvento di tale misura metterebbe un freno o finirebbe per abolire totalmente lo sfruttamento dei lavoratori, spesso sottopagati e sfruttati. Ma è davvero così?
Salario minimo, ecco perché non convince
Al primo impatto potremmo pensare che una legge che imponga un salario minimo obbligatorio sia effettivamente utile per migliorare le condizioni di numerosi impiegati e lavoratori: in molti casi è effettivamente vero che si verifichi lo sfruttamento di chi lavora, al fronte di pagamenti mensili irrisori. Eppure, analizzando nello specifico le cause di tale problematica possiamo comprendere come la ragione sia estranea di fatto all’assenza di una regolamentazione statale. Osservando le percentuali del cuneo fiscale italiano si percepisce il drammatico peso per imprese, datori di lavoro ed industrie che la tassazione elevata determina, con le ripercussioni sulle buste paga che possono determinare lo sfruttamento dei lavoratori. In molte imprese la percentuale di pagamento oraria per i dipendenti è comunque superiore ai 9€ – come evidenziato da Confindustria – ma le problematiche persistono. Pertanto, un abbattimento netto del cuneo fiscale permetterebbe un aumento significativo delle buste paga per i lavoratori, al fronte della stessa spesa attuale da parte dei datori di lavoro. In alternativa, un obbligo di salario minimo orario comporterà fattualmente l’incremento della tassazione stessa per le imprese, spingendole al ridimensionamento (effettuato tramite necessari licenziamenti) o al fallimento effettivo. Inoltre, la percentuale maggioritaria dello sfruttamento lavorativo si registra nelle zone d’Italia dove il cosiddetto “lavoro nero” è ancora notevolmente presente: un obbligo legale di salario minimo in quei casi come potrebbe essere rispettato da chi effettua “assunzioni” e pagamenti illegali? Una serie di ragioni che non sembrano trovare risposte nelle celebrazioni festose di PD e M5S, pronti a dichiarare di aver “abolito lo sfruttamento” dopo aver fatto lo stesso con la povertà negli anni scorsi.
Cosa si rischia
La realtà effettiva vedrà un incremento del potere sindacale, che avrà mano libera per basarsi su una legge statale quando effettuerà le proprie contrattazioni con le imprese. Pertanto, è probabile che l’economia lavorativa veda ulteriore tassazione e nuovi fallimenti inevitabili, così come un incremento dei disoccupati illusi dal salario minimo legale e pronti ad essere sussidiati, magari tramite il reddito di cittadinanza finanziato con 80 miliardi che sarebbero stati utili per diminuire il cuneo fiscale.
Tommaso Alessandro De Filippo