Roma, 14 apr – Ottant’anni fa la scoperta e la rivelazione del massacro di Katyn, in cui circa 22.000 ufficiali polacchi vennero trucidati dai sovietici.
La scoperta del massacro di Katyn
Era il 13 aprile del 1943 quando un bollettino tedesco – trasmesso in più lingue su Radio Berlino, tra cui tedesco, inglese, francese, polacco, italiano e russo – rivelava al mondo la scoperta in Polonia, a circa una quindicina di chilometri dalla città di Smolensk, di una enorme fossa comune con al suo interno migliaia di corpi: «In un luogo chiamato Kosogory, nella foresta di Katyn […] in una grande fossa di 28 metri per 16 riempita con 12 strati di cadaveri». I soldati tedeschi del 537° reggimento comunicazione, che hanno effettuato il ritrovamento, avevano seguito le indicazioni di alcune persone del posto e già a inizio febbraio avevano iniziato a riesumare oltre 4mila cadaveri di ufficiali polacchi uccisi con un colpo alla nuca. Fin da subito i tedeschi incolparono i russi, ma i sovietici reagirono attaccando violentemente la propaganda nazista e tentando di incolpare dell’eccidio proprio questi ultimi.
L’antefatto
Prima ancora del rinvenimento delle fosse comuni da parte dei tedeschi, la sparizione di circa 20mila ufficiali polacchi – deportati ai tempi dell’invasione sovietica della Polonia del 1939 – aveva già costituito uno spinoso caso diplomatico tra il Governo polacco in esilio e il Cremlino. Dopo l’Operazione Barbarossa e il conseguente cambio di equilibri, i sovietici avevano rilasciato alcuni dei prigionieri di guerra polacchi nelle loro mani. Ma all’appello mancavano 12 generali, 130 colonnelli e 9.227 ufficiali rinchiusi nei campi di Kozelsk, Starobelsk e Ostaškov, oltre a circa 12mila ufficiali, diplomati e laureati, insomma la classe dirigente della Polonia d’anteguerra. Il 3 dicembre 1941 il generale Władysław Anders ne aveva perfino discusso di persona con Stalin, ricevendo in risposta un piccato «sono scappati in Manciuria».
Le conclusioni della Commissione internazionale
Il 27 aprile 1943 i tedeschi riunirono una Commissione internazionale presieduta del generale medico delle Ss Leonard Conti e coordinata dalla Croce Rossa polacca per sovrintendere alle indagini sul massacro, vi parteciparono numerosi esperti e specialisti provenienti da diversi Paesi europei. Precedentemente il Governo polacco in esilio aveva provato a ottenere un’inchiesta da parte della Croce Rossa internazionale, ricevendo in cambio una dura reazione da parte russa con Molotov che arrivò ad annunciare la rottura delle relazioni diplomatiche tra Unione Sovietica e Polonia, cosa che portò Churchill a imporre al generale Władysław Sikorski, premier del Governo e comandante dell’esercito polacco, un‘imbarazzante rinuncia. I lavori della Commissione avvennero alla presenza di ufficiali alleati prigionieri di guerra e dei commissari della Croce Rossa, e si concluse il 7 giugno. Gli esiti delle indagini dei diversi esperti furono concordi e provarono che l’eccidio era avvenuto nel 1940, quando quei territori erano in mano ai sovietici, Una verità che questi ultimi cercarono di ribaltare a partire dal gennaio 1944, quando la zona cadde nuovamente nelle mani dell’Armata Rossa.
Il caso di Vincenzo Palmieri
Tra gli esperti chiamati a partecipare alla Commissione internazionale vi fu anche l’italiano Vincenzo Palmieri, anatomopatologo, professore universitario, e futuro sindaco di Napoli per la Democrazia Cristiani negli anni ’60, il quale nel dopoguerra venne sottoposto a una sistematica opera di linciaggio mediatico dagli ambienti comunisti tanto da venire sprezzantemente definito «l’uomo di Katyn» e «agente della propaganda di Goebbels» sulle colonne dell’edizione napoletana dell’Unità.
Cosa rimane di quell’orrore
Dopo anni di menzogne e tentativi di mistificazione, fu solamente nel 1990 che l’ultimo segretario del Pcus, Mikhail Gorbacëv, riconobbe ufficialmente la responsabilità dell’Urss nell’eccidio di Katyn. La vicenda di Katyn va al di là del solo dato numerico, già di per sé drammatico, ma fu anche il modo con cui i sovietici cercarono di eradicare l’indipendenza e la libertà della Polonia, liquidando coloro che ne rappresentavano la classe dirigente e un possibile punto di riferimento per la popolazione. Un modus operandi che, con i dovuti paragoni, ritroviamo in tanti altri massacri perpetrati e coperti sotto l’egida comunista, così come fu una tragedia a noi più vicina come quella delle Foibe.
Michele Iozzino
2 comments
Ora come allora abbiamo adesso zel che tira il sasso e poi nasconde la mano
I sovietici sono stati i più grandi criminali aiutati da altrettanti criminali, altrimenti la Storia sarebbe andata diversamente.