Torno di nuovo sul tema dell’angelismo storico, che ho già trattato in altri due brevi scritti usciti sempre sul Primato nazionale on-line (uno sulla storia della Spagna islamica e l’altro sui nativi americani). Qui mi occuperò delle tratte negriere, un caso davvero emblematico di angelismo, con da un lato gli europei, ovviamente colpevoli, e dall’altro gli africani, naturalmente vittime. Un esempio perfetto di manicheismo applicato alla storia e di costruzione dell’ennesima variante del paradigma vittimario. Per cominciare: Daniel Headrick, nel suo Il predominio dell’Occidente, spiega perché nonostante i portoghesi avessero iniziato la navigazione lungo le coste africane sin dal XV secolo, «fu solo verso la metà del XIX secolo, cioè quattro secoli dopo, che gli europei riuscirono a penetrare nelle aree interne» del continente africano. A fermarli, è la spiegazione di Headrick, «fu la barriera delle malattie africane». Il che significa che gli europei si limitavano ad acquistare gli schiavi sulla costa. In altre parole, non è possibile affrontare la questione della tratta negriera atlantica (quella appunto gestita dagli europei), senza prendere in considerazione il ruolo, assolutamente decisivo, giocato in essa dagli stessi africani.
Cruciali al riguardo le osservazioni d John Thornton nella sua opera L’Africa e gli africani nella formazione del mondo atlantico: «La schiavitù era diffusa in Africa, la sua crescita e il suo sviluppo furono in larga parte indipendenti dalla tratta atlantica; il commercio atlantico stimolava e sviluppava il mercato interno incentivando una più diffusa ricerca di schiavi. La tratta atlantica era cioè un’appendice di questo mercato interno». E ancora: «La tratta degli schiavi non fu una sorta di “impatto” esercitato dall’esterno né fu un fattore esogeno nella storia dell’Africa. Al contrario, la tratta nacque nelle società africane e fu razionalizzata al loro interno. Esse contribuirono in modo decisivo al funzionamento della tratta e ne ebbero il controllo totale almeno fino alla fase in cui gli schiavi venivano caricati sulle navi europee per essere poi trasferiti nelle società atlantiche». Tra l’altro, ed è un punto della massima importanza, questi passi di Thornton mostrano come gli africani non fossero affatto dei soggetti passivi, capaci soltanto di rispondere a “stimoli” esterni e di limitarsi a reagire all’“impatto” prodotto dall’arrivo degli europei, quanto piuttosto dei soggetti in grado di ricoprire un ruolo fondamentale e autonomo, per nulla eterodiretto.
Giudizi, questi di Thornton, condivisi da Olivier Pétré-Grenouilleau nel suo eccezionale lavoro La tratta degli schiavi. Saggio di storia globale, dove infatti si può leggere che «essenzialmente, in Africa furono i poteri radicati sul posto a “produrre” prigionieri e furono poi questi stessi poteri, attraverso le élite mercantili locali, a regolamentare e organizzare le operazioni di vendita», ragion per cui «complessivamente, questi poteri locali rimasero dunque i padroni degli scambi per tutta la storia della tratta». Tant’è vero che, secondo lo storico francese, «quanto ai prigionieri deportati nelle tratte atlantiche, soltanto il 2% circa fu direttamente razziato dai negrieri occidentali», mentre «il 98% dei prigionieri era dunque acquistato da venditori africani». In breve, è la conclusione di Pétré-Grenouilleau, va riconosciuto «il fatto che l’Africa nera non sia stata solamente una vittima della tratta, bensì uno dei suoi principali artefici». Con buona pace di chi, in nome di “ragioni” esclusivamente ideologiche, semplifica brutalmente la complessità storica, sino a ridurla a una sequela ininterrotta di crimini, criminali e vittime, dove oltretutto si tende spesso a dimenticare che a dare vita alla tratta ben prima degli europei, e a creare l’immagine dell’africano come schiavo “per eccellenza”, fu il mondo musulmano, come sottolineato sempre da Pétré-Grenouilleau: «Le tratte in direzione del mondo musulmano e il razzismo verso i neri si svilupparono simultaneamente».
Giovanni Damiano
Non solo europei: anche gli africani furono responsabili delle tratte negriere
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6 comments
…vallo a spiegare ai somari del “Black live metter” ed ai loro compagnucci bianchi che si prostrano a falsi storici. Tornando da un viaggio ho fatto tappa nell’aeroporto di Atlanta, ospitava una mostra d’arte in cui i bianchi erano dipinti come male assoluto. Imbarazzante…
fermo restando che solo l’idea che un uomo possa essere ridotto in schiavitù suscita pena e rabbia…
pensare che ci fossero veramente dei bianchi “cacciatori di africani” in grado di penetrare in un territorio vastissimo ed ostile (in un periodo storico in cui si poteva morire anche solo per una influenza o per dissenteria) e catturare senza ferire delle persone che si muovevano in una area della quale conoscevano ogni anfratto,è una cosa che qualsiasi persona dotata di buon senso non può nemmeno prendere in considerazione.
in ogni caso anche se fosse stato quello che non è…schiavismo e colonizzazione del passato non possono essere una buona scusa per consentire ai nostri giorni porte aperte del nostro Paese ad un continente da un miliardo e duecento milioni di abitanti,ove solo Lagos (capitale della Nigeria) fa gli stessi abitanti di Lombardia e Veneto assieme.
quindi: magari con tante scuse per quanto fatto dai nostri avi in passato…in Italia non entrate più.
facile.
Da quello che scrivi, e’ evidente che parli con cognizione di causa, il vero problema da noi e’ che gli imbecilli che parlano spesso di immigrazione e altre questioni africane del passato, come anche la schiavitù, non sanno nulla, hanno passato la loro vita in Italia a raccontarsi puttanate secondo le loro ideologie, o sentiti dire, mica per esperienze in quei Paesi. Quando tu parli di quelle difficoltà, è evidente che hai a pelle conoscenza, chi le ha toccate, capisce che è impossibile nel 2018 con tutte le conoscenze mediche e tecnologie di oggi, addentrarsi in villaggi interni e rubare una vacca, lascia perdere razziare un villaggio dei propri migliori uomini e donne. Conoscenze al vento.
Molto interessante.
Gli africani venivano catturati dagli stessi africani nei villaggi all’interno del territorio oggetto di sfruttamento della schiavitù, e non sulle coste, e mai catturati dagli europei. Per poi essere venduti agli schiavisti che si mantenevano invece sulla costa. E questo avveniva in una seconda fase del fenomeno della tratta, quando la richiesta era troppo alta per essere soddisfatta dalla quantità di schiavi già schiavizzati a prescindere dall’europeo di turno. Nelle fasi iniziali del fenomeno erano schiavi già schiavi ad essere venduti dagli africani agli europei. La fortezza di Elmina costruita dai portoghesi è del 1482, inizialmente riceveva principalmente oro, legno e cacao, tutto frutto di scambio con i chief locali dell’attuale Ghana, nessun conflitto. Nulla avveniva senza il consenso dei chief e dei vari re locali, incluso il passaggio dal commercio di oro a quello di schiavi. Che vuol dire anche? Come dire: anche il cartello di Madelin è colpevole del traffico di droga internazionale non solo la mafia che la compra per rivenderla in Europa e negli USA: grazie al cazzo!
[…] quando riconosce «il fatto che l’Africa nera non sia stata solamente una vittima della tratta, bensì uno dei suoi principali artefici» (p. 439), in quanto «essenzialmente, in Africa furono i poteri radicati sul posto a […]