Roma, 29 lug – Quelli che hanno visto la guerra dividono il mondo in due grandi gruppi. Per loro è inevitabile, non lo scelgono, è una deformazione della loro anima che produce per gli occhi e per il cuore due immagini diverse della stessa realtà umana. Non è né dissociazione né schizofrenia, è semplicemente la scoperta d’essere altro. D’aver varcato una soglia alchemica sicuramente morale, sicuramente spirituale. Essi sono pesanti e leggerissimi allo stesso tempo, alternano pura spensieratezza ad attimi d’afflizione profonda come chi porta un segreto che non può rivelare neanche al più caro dei suoi amici. Perché quello che loro sanno, quello che la guerra gli ha insegnato, è quello che il maestro Yamamoto Tsunetomo, disse al giovane adepto che ne raccoglieva le memorie tra le foglie e le bianche nuvole sotto i ciliegi selvatici dell’era Hiei. “Ho scoperto che la via del Samurai è la morte”.
Un diario di vita vissuta e un romanzo di lotta
Questo è il centro della filosofia e dello spirito immortalata nello scritto dal nome Hagakure che letteralmente significa “Nascosti tra le foglie” come il primo libro di Franco Nerozzi edito da Altaforte Edizioni e da oggi lanciato dal sito della casa editrice. Una creazione doppia costruita unendo il diario di vita vissuta ad un romanzo d’avventura, lotta e militanza in cui però la realtà sembra affiorare con la prepotenza della verità storica in più di una parte.
La prima guerra: Afghanistan
Franco voleva “vedere la guerra” come lui stesso racconta, e a ventidue anni con un amico fidato parte per l’Afghanistan. Nelle tasche del giovane reporter con una macchinetta “comperata giorni prima”, qualche soldo ed una destinazione incerta. A quel tempo il mondo è ancora ingabbiato nelle maglie d’acciaio della guerra fredda e le crepe del muro a Berlino sono lungi da lasciar filtrare la brezza del disgelo tra est e ovest. I comunisti da cinque anni imperversano nelle valli afgane e contro di loro si erge un esercito di uomini liberi legati tra loro da legami di sangue o fede tra cui si svetta come un gigante Ahmad Shāh Massoūd, il “Leone del Panjshir” con i suoi Mujāhidīn. L’incontro con questi guerrieri e sopratutto con Massoūd può essere considerato una delle pietre miliari della “Via” che Franco Nerozzi compie anche se, a quel tempo ha mosso solo i primi passi. Del condottiero afghano lo avrà sicuramente colpito ed affascinato la capacità strategica, la tenacia e l’abilità nell’arte della guerra ma, quello che di lui non potrà non aver notato, è il suo essere schierato in una guerra più alta, più oltre di quella materiale e storica che sta combattendo nel Panjshir.
L’Africa e il “corsaro della repubblica”
La vita va avanti ma la soglia è stata attraversata e per stare con la guerra non vi è posto migliore dell’Africa. Centinaia di guerriglie locali, grandi conflitti internazionali,
decolonizzazioni e democrazie di cartapesta rendono il continente nero la casa ideale di ogni combattente. Qui di nuovo c’è la lotta, la battaglia vera e propria e di nuovo dalle nebbie della guerra affiora una figura leggendaria, un’altro soldato del “combat universel” che forse neanche sa di esserlo. Robert “Bob” Denard non è assolutamente un sufi, non è un guerriero mistico come Massoūd tutt’altro, è un “affreux”, un soldato perduto, un mercenario. Lo chiameranno “il corsaro della repubblica” e solamente la sua morte unita ad un impietoso Alzheimer hanno steso un velo sui misteri della sua vita. Quello che “Il vecchio” offre non è solo un buon ingaggio, i soldi non contano mai veramente, è la possibilità di vivere una vita separata con quel gruppo di esseri umani rari a cui ormai senti di appartenere appieno, è il combattimento che affratella tutti, bianchi e neri, amici o nemici, pronti ad uccidersi ma riconoscendo nell’altro un pari. E poi c’è la sfida al mondo, e se è vero che “una buona guerra santifica ogni causa”, se ti dice bene a volte ti capita di combattere contro quelli che odi sul serio.
Tuttavia non possiamo arrenderci all’idea che questo sia soltanto il libro che Franco Nerozzi prima o poi avrebbe scritto. Non possiamo imporre a noi stessi l’idea che questo sia veramente solo un romanzo. Perché “Nascosti tra le foglie” è un opera letteraria che funge da elemento di un sistema più complesso. Ci piace pensare che quello che c’è nelle pagine del libro serva in ultima istanza a reggere l’architrave di un titolo pesante che non è stato scelto sicuramente a caso. Allora se è vero che le foglie che hanno nascosto Franco nelle foreste africane o in chissà quali altre avventure esistono e sono un elemento reale della scenografia di ogni guerra, c’è un terzo elemento che si inserisce nell’equazione.
La battaglia dei Karen
Come il samurai Tsunetomo anche a Franco sarà capitato di soffermarsi sulla strada fatta e guardarsi indietro e forse, avrà notato che, oltre alla distanza, il vero dato da registrare è che la Via percorsa è in salita, è pura elevazione. Un’elevazione che passa per varie fasi, dalla partenza alla scoperta dell’Io attraverso il combattimento, dalla fedeltà allo “Shogun” alla comprensione di servire un padrone più importante sebbene immateriale. L’idea. Magari anche a Franco Nerozzi sarà capitato di sentire o avrà egli stesso pronunciato la famosa frase: “La mia patria è dove si combatte per la mia idea” mutata dagli Orientamenti evoliani. E se così non fosse ci risulterebbe quanto meno strano lo sforzo profuso negli ultimi venti anni al fianco di un piccolo grande popolo in armi nel cuore delle foreste birmane. Questa volta la lotta è a tutto campo e nei distretti dello Stato Karen dove Franco opera oggi sorgono scuole, cliniche, villaggi, pozzi, coltivazioni di caffè e frutta oltre a continue missioni mediche a sostegno della popolazione civile. Questo è l’indizio che offre agio alla presunzione di voler pensare a quest’opera come a qualcosa di più.
Questo sforzo sulla Via del guerriero della guerra universale. Di colui che nelle pagine di un libro ha nascosto ma “confessato” il modo con cui ha cercato di vivere la sua intera vita. La sua etica, il suo Hagakure. Perché quando l’Idea diventa Patria, quando ogni vincolo feudale è sciolto il Samurai che vive secondo i principi dell’Hagakure diventa un Ronin, non uno spadaccino allo sbando ma un “uomo onda”, quasi un monaco guerriero, come quei quarantasette di Ako che salvarono l’onore combattendo per una giusta causa. La causa della più strenua, accanita e appassionata battaglia contro la prepotenza della casta del nulla, dei signori dell’oppressione globale che nei recessi più bui della loro anima dannata sanno che ci sarà sempre un Guerriero pronto a dare battaglia quando passeranno sul sentiero su cui esso veglia, in attesa. Nascosto tra le foglie.