Roma, 24 mar – La tv ospita le borseggiatrici. E fin qui, diciamo, “nulla di male”. Il virgolettato non è casuale, visto che il tema è ovviamente delicato. Ma diciamo che il mestiere del giornalista si declina anche in questo, ovvero intervistare chiunque, nelle carceri come in sedi terze, ed include ovviamente anche i criminali. Fa parte del lavoro, e lo sappiamo bene. Forse, più opportunamente, non sarebbe stato il caso di ospitarle in studio, le borseggiatrici, ma il discorso è troppo lungo e ci allontanerebbe dal tema, che è invece molto più “popolare”.
La tv ospita le borseggiatrici
Accade durante la trasmissione Dritto e rovescio: in tv, in studio, vanno due borseggiatrici che ammettono candidamente di derubare il prossimo tutti i giorni, per valori economici importanti, e di esercitarlo come un lavoro. Non è nostra intenzione criticare Paolo Del Debbio che fa il suo, di lavoro, in questo contesto, e intervista chi ritiene curioso intervistare. La riflessione va al contesto di completa impunità che circonda queste persone. Che esistano dei presupposti legali per la situazione in essere è fin troppo ovvio e neanche questo può essere oggetto di discussione. Ma come giornalisti dobbiamo occuparci anche dei quesiti popolari, magari ingenui, magari non tecnicamente impeccabili, ma necessari. Il quesito, in questo caso, è: perché queste persone non sono in carcere?
L’impunità e la mancanza del rischio
Delle ragioni tecnico-tattiche legali, lo diciamo da subito, non ce ne frega un beneamato nulla. Siamo solo sconcertati a vedere che chi ruba per vivere vada in tv senza che sia in una sorta di permesso speciale concesso dal carcere ma in assoluta libertà. Riconoscendo reati concreti, incontestabili, reali, ai danni del prossimo e della popolazione civile. C’è il rischio di retorica moralista? Non sapremmo dire, ma in ogni caso, anche qui, un bel “chissenefrega” va stampato in faccia ai sedicenti addetti ai lavori. La conclusione è banale, senza dubbio, nella sua tristezza: una società che non mette al gabbio persone che fanno danni simili al prossimo, ogni giorno, riconoscendolo come attività lavorativa, avendo pure la forza di mettere in primo piano le aggressioni che subiscono (non giustificabili ovviamente, ma non è quello il punto), in luogo del male che perpetrano, è una società più vuota di quanto anche le più pessimiste descrizioni inquadrino. E fa male, molto male.
Stelio Fergola
3 comments
Questo paese comunque è unico o meglio dire questa società di pecore italiane. In certi paesi rubano una volta, la seconda volta rubano ai morti nel cimitero.
Zingari maledetti…
Con Khomeini i patti del viver civile erano subito chiari, con Ceausescu quelli del vivere incivile… Infatti gli iraniani sono sottoposti a processi occidentali redentivi, viceversa i rom sono cullati come soggetti già utilmente plasmabili. La ns. giustizia non ammette ignoranza, ma vuole ignoranza…