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Inglese al posto dell’italiano all’università: non chiamatela cultura, è sostituzione linguistica

by Stelio Fergola
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sostituzione linguistica

Roma, 30 ott – All’università Bocconi di Milano, entro il 2026/2027, il 73% dei corsi sarà in inglese. Ovviamente, la questione sarà spacciata come un passo necessario verso l’impiego delle lingue internazionali. Il che, ovviamente, in senso assoluto avrebbe anche un suo valore. Ma non è questo il caso.

L’università in lingua straniera, ma in patria

Il rettore Francesco Billari parla all’inaugurazione dell’anno accademico della Bocconi, avvenuto qualche giorno fa. Ad un certo punto, la svolta durante il discorso: “Dalle 32 classi in inglese sulle 53 totali — dice Billari — il prossimo anno accademico passeremo ad averne 40 su 54”. Si parla di classi in cui si parla in inglese.  Con la proiezione, per l’anno accademico 2026-2027, la didattica in inglese rappresenti il 73 per cento del totale. Una vera e propria università in lingua straniera, ma sul suolo italiano. Non si tratta di un’università particolare, ma di uno degli atenei più importanti del Paese. Non è un corso di specializzazione specifico, ma un’intera proposizione strutturale e di massa.

Insegnare le lingue è un conto, sostituire la propria un altro: si chiama sostituzione linguistica

Insegnare le lingue è ovviamente essenziale in un’attività formativa completa. Ma se questo si deve tradurre nella sostituzione dell’italiano come lingua madre, beh, si sta facendo un’altra operazione. L’ennesima, di snaturamento e di autoestinzione, stavolta linguistica piuttosto che di altro genere, ma insomma, lo spirito è esattamente lo stesso. Si citano giustamente i casi di altri Paesi come Francia, Spagna, Germania. Dove l’inglese è ovviamente insegnato, e ci mancherebbe altro. Ma non è imposto addirittura come sostituto della lingua nazionale. No, cara Bocconi, non c’è nessun incentivo a studiare l’inglese nel vostro triste e penoso programma. C’è solo la voglia di distruggere ancora di più la cultura nazionale con il pretesto dell’ignoranza da combattere. Non una semplice università in lingua straniera, ma una sostituzione linguistica. In tempi in cui stiamo subendo anche quelle etniche, forse, per molti non c’è alcuna sorpresa. Il mondo progressista e globalista ovviamente esulterà, visto che non vede l’ora di cancellare qualsiasi cosa a meno che non sia africana o estera.

Stelio Fergola

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