Roma, 13 gen – Sono molti i film dedicati allo sport tanto da essere quasi una categoria a parte. Gli atleti sin dall’antichità rappresentano l’immagine più vicina a quella degli eroi epici. Come molti personaggi delle tragedie, però, non sempre sono giusti, retti e – per l’appunto – sportivi. In questa “Top Five” raccogliamo i cinque film più belli sullo sport e sui suoi eroi e antieroi.
5) “Tonya” – (2017) Craig Gillespie.
Il pattinaggio artistico? Roba da femmine, dicono molti. Ma quando queste donnine hanno intenzione di lottare – nella vita e sul ghiaccio – non ce n’è per nessuno. Questa biopic parla della famigerata Tonya Harding (la splendida Margot Robbie, come non ricordarla in The Wolf of Wall Street) la pattinatrice più famosa del mondo – per le ragioni sbagliate.
Nasce in una famiglia tipicamente white trash e si fa largo a suon di cazzotti dati e ricevuti (dalla madre, dal marito) nell’olimpo delle skaters americane. Poi il passato e le amicizie sbagliate le vengono a chiedere il conto: lei e il marito vengono accusati di essere i mandanti nel più grande scandalo sportivo nella storia degli Usa – l’aggressione alla collega Nancy Kerrigan. Colonna sonora da dieci, cast azzecatissimo: “I, Tonya” è un ritratto impietoso e avvincente di una donna, una sportiva, un’antieroina.
4) “Il maledetto United” – (2009) Peter Morgan, Tom Hooper
Quarantaquattro giorni: tanto è durata la panchina di Brian Clough (l’ottimo Michael Sheen) al Leeds United. Ma sono stati dei giorni così eccezionali da essere stati trasformati prima in un romanzo che, a sua volta, è stato trasposto in sceneggiatura.
Clough è un ex giocatore, figlio della classe operaia da sempre tifoso del Derby County squadra che, grazie alle sue capacità, è passata dalla terza divisione inglese alla prima: è un uomo quindi “del fare”. Nel 1974 approda al Leeds e qui vi trova giocatori viziati, scorretti ed arroganti. Fatica ad imporsi, lo spogliatoio gli è contro, ma l’allenatore non vuole scendere a patti: quello di Clough in questa pellicola è un ritratto complesso, profondo e antiepico. E’ un uomo pieno di debolezze (alcoolismo e tabagismo su tutte) e di contraddizioni ma il suo personaggio è realistico: questo non è il classico film in cui il migliore vince.
3) “Ogni maledetta domenica” – (1991), Oliver Stone.
Parlando sempre di allenatori, ora ci concentriamo sul football americano. Non è certamente uno degli sport prediletti in Europa: eppure questo film – un vero instant classic – riesce ad entrare nelle fibre di qualsiasi amante di qualsiasi disciplina. Siamo a Miami, la squadra degli Sharks vessa in cattive condizioni dopo la morte del vecchio proprietario e con la nuova dirigenza della figlia, molto naive e più attenta al business che al gioco. L’allenatore Tony D’Amato (uno strepitoso Al Pacino) è uno sportivo vecchie maniere.
E’ rispettato nell’ambiente, anche se i suoi rapporti con la stampa non sono dei migliori. D’Amato dispensa lezioni di vita sia allo spogliatoio che al pubblico. La violenza, gli intrighi, le mezze misure niente possono contro la voglia di vincere e di affrontare così, per un momento, la paura della morte. Il film si regge sui dialoghi: il monologo prima della partita finale è probabilmente uno dei più celebri nella storia del cinema.
2) “Un mercoledì da leoni” – (1978), John Milius
Può essere questo film definito strettamente sullo sport? Con ogni probabilità, no. Eppure il surf è, a veder bene, l’inizio, l’anima e la fine di questa pellicola. Ambientato dapprima negli anni sessanta “Big Wednesday” narra dell’amicizia tra tre ragazzi: Matt, Jack e Leroy, amici per la pelle con personalità conflittuali. Ma sono accomunati dalla passione per il surf. Questa filosofia di vita li guiderà nella crescita attraverso i vari passaggi della vita adulta e, una fra tutte, l’esperienza della guerra in Vietnam. Anche nei momenti più spensierati, la regia di Milius canta la morte del cigno, quella di una cultura che è diventata commerciale, snaturata dalla civilizzazione e dalle sue regole. I tre al fine si ritrovano ancora in spiaggia, con le tavole sotto braccio, per il grande mercoledì, una gigantesca mareggiata che si affronta mettendo a repentaglio la propria vita. O diventando, finalmente, uomini.
1) “Toro scatenato” – (1980) Martin Scorsese
Un’opera d’arte. Ed è peculiare come una tale maestria registica, il vezzo del bianco e nero, la tensione narrativa siano così perfettamente collimanti con la storia cruda, folle, di Jake La Motta. La Motta, italo americano del Bronx, è una maschera tragica: ex puglie, ora è “ridotto” a intrattenitore nelle serate di cabaret. Ma è un uomo che si è fatto, con la sua cieca rabbia ed ambizione, largo nel mondo del pugilato e nella vita. Da pugile di quartiere a sfidante del grande Sugar Ray Robinson. La sua natura dionisiaca che lo ha spinto in alto, però, è la stessa che inevitabilmente lo spingerà alla caduta. Non c’è redenzione e non c’è epicità: Scorsese si affida a Robert De Niro, in una delle interpretazioni più forti della sua carriera, e il boxeur soprannominato per l’appunto “raging bull” è più vero del reale. Joe Pesci consolida la sua alchimia con De Niro e “rischia” di accaparrarsi l’Oscar. “Toro scatenato” non è “Rocky”: sul ring si annusa la fatica e la rozzezza (grazie al montaggio di Thelma Schooknmaker) che sta dietro ad ogni pugno.
Ilaria Paoletti
2 comments
Che bell’articolo! grazie. Ho visto poche settimane fa’ Tonya e confermo la recensione di Ilaria: un bel film, davvero, non è la caricatura dell’esistenza che spesso ci propone Hollywood, da vedere.
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