Roma, 11 ago – La scoperta ha del sensazionale: un monolite di 12 metri di lunghezza è stato ritrovato nel Canale di Sicilia a circa 60 km dalla costa e a 40 metri di profondità durante una campagna di rilevamenti tenuta dall’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale di Trieste (Ogs).
Il professor Emanuele Lodolo, geofisico in forza presso l’istituto triestino, ha guidato la spedizione finanziata dal Ministero degli Esteri a cui ha partecipato l’Arma dei Carabinieri, l’Università di Tel Aviv e la Global Underwater Explorers, il maggior gruppo al mondo di subacquei specializzati in ricerche archeologiche.
A settembre del 2014 la scoperta del manufatto: un gigantesco monolite di 12 metri adagiato sul fondo, con dei fori regolari sui lati e uno che lo attraversa da parte a parte. L’entusiasmo per la scoperta ha dovuto, come sempre accade in questi casi, passare attraverso le maglie della revisione scientifica: per questo motivo la notizia è stata data solo recentemente una volta che si è appurato che la genesi è di origine umana e non naturale.
“E’ stato effettuato un campionamento dell’area e del monolite e attraverso datazioni al radiocarbonio (il C14) è stato possibile stabilire che la roccia di cui è composto, una calcirudite, è vecchia di 40mila anni, inoltre – ci ha spiegato il professor Lodolo – attraverso analisi della batimetria e considerando il rateo di innalzamento dei mari post ultimo massimo glaciale, siamo stati in grado di stabilire che il sito dove è stato ritrovato il manufatto è stato abbandonato circa 9mila anni fa”.
Dopo l’ultimo massimo glaciale (Lgm) avvenuto circa 18mila anni fa, il livello del mare ha cominciato costantemente a risalire, si ipotizza anche con dei picchi nel suo rateo, provocando così la scomparsa delle antiche linee di costa e di alcune isole nel Canale di Sicilia che si sono ritrovate sommerse. Questo fenomeno, noto e ben studiato che prende il nome di glacioeustatismo, ha quindi provocato l’abbandono del sito dove è stato ritrovato il monolite sicuramente entro i 9mila anni fa, all’inizio dell’Olocene, l’epoca più recente del periodo Quaternario, che gli archeologi più specificatamente individuano come Mesolitico. Le popolazioni che vivevano in queste aree, ormai considerate a conoscenza di tecnologie per nulla primitive come lo stesso professor Lodolo ci ricorda, hanno dovuto quindi progressivamente migrare verso l’entroterra e così il sito del monolite si è ritrovato sott’acqua, ora ad una profondità di 40 metri.
La campagna di ricerca durata anni e conclusasi a giugno per mancanza di fondi, ha portato alla luce anche un rilevato di circa 800 metri di lunghezza che chiude la baia retrostante di cui al momento non è ancora stato possibile stabilire la genesi naturale o antropica. Per questo, e per continuare gli studi sull’area di 4 km2 nella zona del Banco di Pantelleria Vecchia dove è stato ritrovato il manufatto, occorrerà quindi attendere che si presentino nuovi finanziatori sperando che l’Italia non perda anche questa occasione, che riteniamo unica, per dare impulso al campo della ricerca scientifica che dovrebbe essere sempre al centro delle preoccupazioni di ogni Governo.
Paolo Mauri