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Agroalimentare: ecco quanto ci costa il falso made in Italy

by Fabrizio Vincenti
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Roma, 25 feb – Oltre 100 miliardi di euro, due prodotti su tre taroccati: ecco i numeri del falso Made in Italy agroalimentare nel mondo. Come a dire quattro manovre finanziare del nostro Paese. A tanto ammonta, secondo i dati forniti da Coldiretti, quello che è un vero e proprio atto di pirateria internazionale che negli ultimi dieci anni ha visto un pauroso incremento nella misura del 70 per cento.

Parole, colori, località, immagini, denominazioni e ricette che richiamano all’Italia per alimenti che sono nient’altro che taroccati e che non hanno nulla a che fare con il sistema produttivo nazionale. E’ quanto emerge dallo studio della Coldiretti in occasione della presentazione delle nuove norme sull’obbligo di indicare in etichetta l’origine di tutti gli alimenti approvate con la legge n.12 dell’11 febbraio 2019 sulle semplificazioni.

A far esplodere il falso – sottolinea la Coldiretti – è stata paradossalmente la “fame” di Italia all’estero con la proliferazione di imitazioni low cost ma anche le guerre commerciali scaturite dalle tensioni politiche, come l’embargo russo, con  un vero boom nella produzione locale del cibo Made in Italy taroccato, dal salame Italia alla mozzarella “Casa Italia”, dall’insalata “Buona Italia” alla Robiola, ma anche la mortadella Milano, Parmesan o burrata tutti rigorosamente realizzati nel “Paese di Putin”.

L’Ue penalizza l’Italia

A preoccupare Coldiretti anche, tanto per cambiare, l’atteggiamento delle Ue che penalizza ancora una volta l’Italia. La nuova stagione degli accordi commerciali bilaterali inaugurata con il Canada (Ceta), per la prima volta nella storia l’Unione Europea, legittima in un trattato internazionale la pirateria alimentare a danno dei prodotti Made in Italy più prestigiosi. C’è di fatto il via libera alle imitazioni che sfruttano i nomi delle tipicità nazionali, dall’Asiago alla Fontina dal Gorgonzola ai Prosciutti di Parma e San Daniele, ma è anche liberamente prodotto e commercializzato dal Canada il Parmigiano Reggiano con la traduzione di Parmesan.

Le esportazioni agroalimentari nazionali, che nel 2018 hanno raggiunto i 41,8 miliardi di euro, anche grazie a questa pirateria hanno ridotto il loro tasso di crescita. “In altre parole all’estero più di due prodotti di tipo italiano su tre sono falsi – afferma il presidente della Coldiretti Ettore Prandini – un maggiore rigore a livello nazionale con le nuove norme sull’etichettatura di origine Made in Italy degli alimenti è importante per acquisire maggiore credibilità nei negoziati internazionali e battere il cosiddetto Italian sounding”.

Un fenomeno che colpisce tutti i prodotti: dai salumi alle conserve, dal vino ai formaggi ma anche olio extravergine, sughi o pasta. E che riguarda tutti i continenti. Con una particolarità: a taroccare i prodotti italiani non sono paesi poveri, ma soprattutto quelli emergenti o i più ricchi. A partire proprio dagli Stati Uniti e dall’Australia. In testa alla classifica dei prodotti più taroccati secondo la Coldiretti ci sono i formaggi, Parmigiano Reggiano e Grana Padano, con la produzione delle copie che ha superato quella degli originali, dal parmesao brasiliano al reggianito argentino fino al parmesan diffuso in tutti i continenti. Ma largo spazio anche per le imitazioni di Provolone, Gorgonzola, Pecorino Romano, Asiago o Fontina. Tra i salumi sono clonati i più prestigiosi, dal Parma al San Daniele, ma anche la mortadella Bologna o il salame cacciatore. E poi gli extravergine di oliva o le conserve come il pomodoro San Marzano che viene prodotto in California e venduto in tutti gli Stati Uniti.

Dall’estero quattro prodotti pericolosi su cinque 

E al danno si aggiunge altro danno e la beffa. Nel 2018 in Italia è scoppiato più di un allarme alimentare al giorno per un totale di ben 398 notifiche inviate all’Unione Europea durante l’anno. Secondo l’analisi di Coldiretti sulla base delle elaborazioni del sistema di allerta Rapido (Rassf) solo 70 (17 per cento) hanno riguardato prodotti di origine nazionale. Ben 194 provenivano da altri Paesi dell’Unione Europea (49 per cento) e 134 da Paesi extracomunitari (34 per cento). Quattro prodotti pericolosi su cinque provengono dall’estero.

Nella hit parade dei rischi figurano: il pesce dalla Spagna per mercurio (24 notifiche) e infestazione di Anisakis (14), le ostriche vive dalla Francia per Norovirus (23), il pollo dalla Polonia per Salmonella enterica (8). E ancora il pesce dalla Francia per Anisakis (8), le nocciole dalla Turchia per aflatossine (7), le cozze dalla Spagna per Escherichia Coli (7), le arachidi dall’Egitto per aflatossine (6), il manzo refrigerato dal Brasile per Escherichia Coli-Shigatoxin (6), le nocciole dall’Azerbaijan per aflatossine (6), il pollo dal Brasile per Escherichia Coli-Shigatoxin (6). Meglio mangiare italiano, dati alla mano.

Fabrizio Vincenti

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