Roma, 29 mag – Ingabbiati a bordo di strade statali, costretti a subire interminabili viaggi in spazi angusti, incatenati sotto il sole o sotto neve e grandine, ammaestrati per esercizi innaturali con violenza fisica e psicologica tra urla, fruste e pungoli elettrici… Questo è da anni il destino di centinaia di elefanti, tigri, orsi, ippopotami, pinguini, scimmie, foche e cammelli destinati alle attività circensi.
I circhi con animali in Italia godono di finanziamenti che negli ultimi cinque anni hanno superato abbondantemente i 20 milioni di euro di fondi pubblici. Soldi erogati dal ministero dei Beni culturali attraverso il fondo unico per lo spettacolo, inizialmente nato per sostenere imprese e associazioni che si occupano di cinema, musica e teatro e finito invece per finanziare le grandi famiglie circensi, già fortemente discusse sia eticamente che legalmente.
Viene sicuramente da chiedersi il motivo per cui nonostante il ministero in questione sia già stato disossato di centinaia di migliaia di euro, lo Stato continui a finanziare da mezzo secolo uno spettacolo anacronistico che, fortunatamente, desta sempre minor interesse negli italiani. Solo nel 2014 sono stati quasi quattro e mezzo i milioni di euro distribuiti a pioggia. Nel 2011 siamo arrivati al record di 6 milioni e 635mila euro. Mettendo in fila gli ultimi cinque anni si arriva a 27 milioni e 571mila euro.
Già dal 1968 dovrebbe essere in vigore una legge che prevede che i circhi non possano beneficiare di finanziamenti, se condannati in via definitiva per maltrattamento di animali o se riconosciuti comunque colpevoli di violazioni per la protezione degli stessi. Purtroppo però per lo Stato italiano sembra non esserci nessuna distinzione tra chi è stato condannato o è sotto indagine e tutti gli altri circhi, diciamo così, “immacolati”: ricevono tutti soldi pubblici indistintamente.
Il campione italiano dei tristi incassi è il Circo Medrano che in cinque anni ha complessivamente beneficiato di 1.884.483 euro nonostante un pesante processo per maltrattamento. Stesso caso per l’American Circus, accusato di violenza su animali, che ha comunque goduto della somma di 1.447.228 euro. Tocca poi al circo Darix Togni che ha incassato 518.000 euro, al Caroli (53.000 euro) e il circo Martin con 68.000.
Mentre il Tribunale di Bologna depositava la sentenza per sevizie ad una giraffa, il circo Martini ha ricevuto 92.000 euro e il Circo Città di Roma ne ha ottenuti 297.000 in barba a una condanna per «aver detenuto elefanti in condizioni di quasi immobilità». Anche il Circo Folloni ha ottenuto dallo Stato 45.564 euro anche se, come scrive il Tribunale di Milano, ha «immobilizzato un elefante sotto il tendone a una tavola di legno di 6 metri quadri, legandolo con due catene».
In un’Italia che cade a pezzi come le sue strutture e le sue aziende, viene da chiedersi quale logica possa far si che lo Stato sovvenzioni così generosamente questi tendoni della tortura animale. Se il ministero dei Beni culturali arriva a finanziare i circhi con 27 milioni di euro nonostante continue indagini e condanne a loro carico, lo stesso discorso non vale però per il bilancio del ministero dell’Ambiente, che stanzia meno di 400.000 euro all’anno ai rari centri di riabilitazione per animali vittime dei maltrattamenti circensi, ottenendo l’assurdo risultato che i mammiferi posti legalmente sotto sequestro preventivo, in molti casi si ritrovano affidati dalle Procure tra le grinfie dello stesso circo indagato per maltrattamento.
Nel suo dossier 2015, la Lega Anti Vivisezione stima che in Italia scorrazzano un centinaio di carovane circensi che trasportano duemila animali. I numeri reali però sembrerebbero impossibili da verificare, forse più per italica pigrizia o accondiscendenza, piuttosto che per effettiva capacità di controllo; fatto sta che molti animali vengono affittati o scambiati tra le famiglie circensi di casa nostra o con quelle estere, e lo stesso discorso vale per il personale dei circhi come facchini, acrobati e pagliacci di ogni specie. Tutto ciò, in molti casi avviene ovviamente senza il minimo controllo fiscale, sanitario o di sicurezza sul lavoro. Ma purtroppo si sa che in Italia è più semplice controllare un artigiano che non arriva a fine mese e fondi non ne riceverà mai.
Contro i circhi con animali, da nord a sud del paese si levano continuamente le proteste e le campagne di boicottaggio di associazioni e movimenti animalisti, sia in piazza che nei palazzi delle istituzioni, senza però che nessuno riesca realmente a risolvere il problema, nonostante vigorose prese di posizione di alcuni parlamentari, comuni e regioni. Proprio oggi, ad esempio, apre le tende a Bolzano il circo Orfei con i suoi animali.
Già nel 2012, il movimento ecologista La Foresta che Avanza, grazie al consigliere Gianfranco Piccolin portò in consiglio comunale una mozione in cui si impegnava il Comune del capoluogo altoatesino a proibire la sosta di circhi con animali sul proprio territorio. Il risultato fu una vittoria per gli animalisti, con l’approvazione ad unanimità (ad eccezione di poche astensioni, che al solito, antepongono la politica dell’’anti’ alle cause sociali) della mozione. Un anno dopo, rivisitata, la stessa mozione approdò in consiglio provinciale chiedendo che la Provincia sollecitasse i comuni a non rilasciare autorizzazioni sul loro territorio per spettacoli circensi in cui si usano e si sfruttano, contro natura, gli animali: “La Provincia non può vietare i circhi con animali, ma può regolamentarne la presenza sul territorio opponendosi a quelli che li sfruttano”.
L’amara sorpresa però non tarda ad arrivare e dal 2012 a oggi, ci sono decine di casi in cui i circensi hanno vinto i ricorsi al Tar, che sopprime gli sforzi fatti con sentenze che giudicano incostituzionale vietare il transito o l’occupazione del suolo pubblico a questi tendoni dello sfruttamento animale.
Andrea Bonazza