Roma- 7 ott 2016- Il 7 ottobre di 445 anni fa, più precisamente nel 1571, durante la Guerra di Cipro, ebbe luogo una delle più importanti battaglie tra occidente e vicino oriente. Tra l’Europa cristiana e l’impero Ottomano musulmano. La battaglia di Lepanto. L’Europa si riunì nella Lega Santa sotto le insegne pontifice di Pio V. Venezia, l’Impero spagnolo, lo Stato Pontificio, la Repubblica di Genova, i Ducati di Savoia, Ferrara e Mantova, il Granducato di Toscana si riunirono a Messina nel Luglio del 1571 agli ordini di Don Giovanni d’Austria a cui fu consegnato il comando nel giugno del 1570 e lo stendardo benedetto dal Papa.
La flotta della Lega contava su 209 galere e 6 galeazze. Il casus belli fu il voler soccorrere la città veneziana di Famagosta, nell’isola di Cipro, assediata dai turchi. Cipro era una città veneziana dal 1480 ma nonostante questo la Serenissima pagava un tributo annuo ai turchi. Sebbene ciò, le motivazioni della battaglia furono molto più grandi e profonde che la difesa di una piccola isola. Era il controllo del Mediterraneo. Difatti nonostante gli scambi commerciali frequenti tra Occidente e Oriente, quello che preoccupava i governanti europei era il continuo espansionismo ottomano che minacciava sia i possedimenti veneziani sia gli interessi spagnoli nel Mediterraneo. Fu su questo punto che Pio V fece leva per organizzare la Lega Santa promuovendo nuovamento lo spirito crociato e la difesa dei confini e dei territori europei, nonché della cristianità.
Il 4 ottobre, con questo spirito di guerra, della civiltà europea contro il barbaro invasore orientale, la flotta europea sbarcò a Cefalonia. Nel frattempo Famagosta si era arresa al comandante turco Lala Mustafà il 1 Agosto, accettando la proposta ottomana di far evacuare i veneziani a Candia in cambio delle chiavi della città. Ma in seguito a scontri verbali tra Lala Mustafà e Marcantonio Bragadin (senatore veneziano comandante di Famagosta) l’accordo tra la città e i turchi si ruppe e molti comandanti veneziani vennero torturati e uccisi. Lo stesso Bragadin fu scorticato vivo. La sua pelle fu innalzata sulla galea del Pascià che la condusse a Costantinopoli.
Il 6 ottobre, dopo aver appreso la notizia, le navi cristiane sfidarono il maltempo e arrivarono al porto di Patrasso per intercettare la flotta turca. Il giorno dopo, il 7 ottobre 1751, Don Giovanni d’Austria schierò le proprie navi per dare battaglia in formazione serrata. Solo 150 metri dividevano le navi. Ai suoi ordini circa 36mila uomini tutti armati di archibugio. Oltre a questi vi erano 30mila galeotti utilizzati come rematori ma anche essi armati di spade e corazze. La flotta turca invece era reduce da una campagna navale estiva e contava circa 170 galere e una ventina di galeotte. Era quindi un esercito inferiore sia nell’armamento sia numericamente. Tra i turchi si ricorda Mehmet Shoraq, detto Scirocco, mentre il comandante Alì Pascià guidava la flotta dal centro con la sua Sultana su cui sventolava il vessillo verde con scritto 28.900 volte il nome di Allah. Ma il migliore comandante turco era Uluc Alì, un calabrese convertitosi e detto Ucciallì.
La tattica di Don Giovanni fu quella di lanciare come esche 6 galeazze grandi come “castelli in mare da non essere da umana forza vinti” per usare le parole di Alì. La flotta turca subì numerose perdite e lo stesso Alì preferì evitarle e tentare l’assalto alla nave di Don Giovanni. Con il vento a favore i turchi iniziarono l’arrembaggio ma improvvisamente, leggenda vuole, alle 12 il vento cambiò sgonfiando le vele ottomane mentre quelle europee presero vigore spingendo le navi della Lega all’assalto. Seguirono una serie di scontri che coinvolsero alcuni eroi come il veneziano Barbarigo che si dice abbia alzato la celata dell’elmo per guidare al meglio i propri soldati e che fu ferito ad un occhio da una freccia nemica. Ma anche Miguel de Cervantes (autore del Don Chisciotte), che si imbarcò insieme con il fratello Rodrigo. Nella battaglia Cervantes, nonostante la febbre, combatté con valore, ma ricevette tre colpi di archibugio, due al petto, il terzo alla mano sinistra, di cui perse l’uso. Lo stesso Don Giovanni fu ferito ad una gamba ma riuscì a non cedere grazie all’aiuto del Marchese di Santa Cruz e Marcantonio Colonna. Fu quindi assaltata l’ammiraglia del capo ottomano Alì Pascià che cadde combattendo. La sua testa fu esposta vittoriosamente dagli spagnoli contro il volere di Don Giovanni. Morto il comandante le navi turche batterono in ritirata e navi cristiane furono mandate in tutte le capitali della Lega ad annunciare la vittoria.
La battaglia di Lepanto fu la prima grande vittoria cristiana contro l’Impero ottomano ma nonostante ciò gli sconfitti nel periodo successivo riuscirono a riorganizzarsi e riprendere le proprie attività nel Mediterraneo anche se sottoposti a maggiore sudditanza nei confronti degli stati europei. La presenza turca risultò quindi offuscata. Ma nonostante ciò i paesi europei, troppo impegnati a guerreggiare tra di loro non riuscirono a sfruttare l’importanza di questa vittoria lasciando quindi spiraglio alla ripresa turca negli anni a venire. Fu quindi una vittoria prevalentemente psicologica. La dimostrazione che l’Europa unita poteva difendere i propri confini e le proprie tradizioni. Così come era avvenuto nel 732 a Poitiers con Carlo Martello che fermò l’avanzata araba dalla Spagna.
La vittoria ebbe comunque un grande valore religioso tant’è che il Vasari in un affresco dipinse una rappresentazione simbolica della lotta tra il Bene e il Male: in cielo Cristo impugna la folgore e gli apostoli le loro spade contro le forze demoniache. In basso la Fede cristiana è incoronata d’alloro per la sua vittoria contro i Turchi.
Federico Rapini