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Oltre la Fallaci: 10 tracce per una biblioteca sovranista

by Adriano Scianca
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libriRoma, 5 mar – Dalla Fallaci a don Milani: nel suo discorso di sabato a piazza del Popolo, Matteo Salvini ha azzardato un paio di riferimenti culturali per insaporire un discorso altrimenti interamente puntato sulla concretezza. Il progetto di un polo del popolo opposto al polo delle oligarchie, progetto che trova al momento in Salvini un riferimento ineludibile, merita tuttavia riferimenti decisamente più centrati. Ecco 10 suggerimenti.

1. Régis Debray, Elogio delle frontiere. Il bellissimo libretto dell’originale intellettuale francese non può mancare in ogni biblioteca identitaria. “Che sia utile mettere in rete il mondo – vi si legge – non significa che si possa abitare questa rete come un mondo. Impossibile, in mancanza di dirimpettai, fare di un luogo di passaggio un luogo di soggiorno. Nessuno di fronte – come porsi senza opporsi? Una comunità senza esterno che la riconosca o l’affronti non avrebbe più luogo d’essere, così come una nazione unica vedrebbe svanire il suo inno nazionale, la sua squadra di calcio o di cricket e perfino la sua lingua. Un individuo morale ha un perimetro, altrimenti non è”.

2. Alasdair MacIntyre, Dopo la virtù. Esponente di punta della corrente dei communitarians americani, il filosofo di origine scozzese ci ha aiutato a ripensare il superamento dell’individualismo. Per dare senso a noi stessi, dice MacIntyre, ogni nostra azione va pensata nell’ambito di una pratica, ogni pratica nel quadro di un’unità narrativa della vita e ogni vita nel contesto di una tradizione.

3. Stefano Zecchi, L’artista armato. Non c’è vera critica al sistema dominante che non sia anche estetica, oltre che politica ed economica. Ribellarsi al dominio dei mercati, delle élite esangui, delle caste significa anche ribellarsi alla bruttezza. L’arte è infatti un veicolo identitario, perché ridà senso al mondo secondo coordinate non universali ma particolari, radicate. La battaglia per la sovranità è anche una battaglia per la bellezza.

4. Christopher Lasch, La ribellione delle élite. Il sociologo americano è stato il primo a pensare un vero processo “populista” alle nuove classi dirigenti: “Le élite, che definiscono appunto i temi del dibattito pubblico, hanno perso il contatto con la gente normale. Il carattere irreale, artificiale, della nostra politica riflette il loro isolamento dalla vita comune, e la segreta convinzione che questi problemi siano insolubili. Lo stupore di George Bush [padre] quando si è trovato per la prima volta sotto gli occhi lo scanner per leggere il prezzo della merce in un supermarket ci ha rivelato, come in un’illuminazione improvvisa, l’abisso che divide le classi privilegiate dal resto della nazione”.

5. Massimo Fini, Sudditi. Si fa presto a dire democrazia. In realtà “il migliore dei sistemi possibili” mostra sin troppi difetti e alla fine rischia di rivelarsi un dispotismo peggiore delle peggiori autocrazie. Il popolo deve essere sovrano, ma la democrazia va ripensata alla radice e Massimo Fini dà ottimi suggerimenti per farlo.

6. Alain de Benoist, La fine della sovranità. Una messa in stato d’accusa della dittatura del denaro che sta togliendo ai popoli la loro sovranità. Un attacco alla ideologia in nome della quale l’intera Europa è stata posta sotto la tutela di una nuova autorità, priva di qualsiasi legittimità democratica, che assegna il potere ai mercati finanziari rendendoli completamente liberi di imporre ai popoli il proprio volere.

7. Giovanni Damiano, Elogio delle differenze. Globalizzazione e società multirazziale sono due facce della stessa medaglia, anche se molti “no global” criticano la prima inneggiando alla seconda. In questo saggio, il modello di società che azzera le differenze viene contestato con rara profondità d’analisi tanto nei suoi presupposti giuridico-filosofici che nelle sue giustificazioni politiche.

8. Peter Sloterdijk, La mano che prende e la mano che dà. In questo breve e visionario libretto, l’intero sistema della tassazione viene ridiscusso, basandosi però su un’antropologia non utilitarista e non individualista, a differenza delle consuete critiche da destra all’oppressione fiscale. Una provocazione in parte utopistica, ma utile per rileggere il problema con occhi nuovi.

9. Claudio Risé, Essere uomini. La messa in discussione dell’identità passa anche attraverso la decostruzione dei ruoli sessuali in direzione dell’indifferenziato eunucoide. In particolar modo è il ruolo del padre a essere sistematicamente processato. Essere uomini è allora la prima risposta spirituale alla uccisione programmata dei popoli europei.

10. Guillaume Faye, Il sistema per uccidere i popoli. Una critica puntuale alla globalizzazione formulata con 20 anni di anticipo. La denuncia dei meccanismi attraverso i quali i popoli vengono annichiliti, per lasciare il posto a una infinita superficie piatta, dove merci, denari, informazioni e persone scivolano senza meta, senza origine e senza destino.

Adriano Scianca

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La biblioteca del sovranista 5 Marzo 2015 - 8:43

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