Bruxelles, 19 nov – Recentemente, la Corte dei Conti dell’Unione Europea ha prodotto una parziale autocritica rispetto all’operato della Commissione Ue in Grecia, cosa di per se inedita ed abbastanza interessante. Non interessante però quanto la risposta data dalla Bce alla richiesta esplicita della Corte di poter visionare la documentazione in suo possesso. Molto banalmente, da Francoforte è arrivato un pacato quanto secco: no.
In altre parole, la Bce si rivela per quello che è, ovvero il potere sovrano per eccellenza in Europa, totalmente sciolto da vincoli di natura giuridica e persino legali. In effetti, tutti sanno oramai che a Draghi ed ai suoi sottoposti fino all’ultimo funzionario è garantita la totale immunità diplomatica e garanzia assoluta di extraterritorialità, quasi fosse l’ambasciata di una nazione straniera. Ma se la Bce gestisce la moneta di tutta l’eurozona, come può essere considerata straniera? Straniera evidentemente rispetto alle singole sovranità nazionali, e depositaria essa stessa di una sorta di “sovranità trans-nazionale”.
Quando personalità del variegato mondo sedicente sovranista insistono sulla necessità di abbandonare l’eurozona, solitamente si concentrano sul fatto che questo consentirebbe di attuare politiche fiscali anticicliche di stampo keynesiano per riassorbire la disoccupazione senza andare in deficit di bilancia commerciale, e quindi senza far esplodere il debito estero con tutte le conseguenze del caso. Anche noi ne abbiamo parlato più e più volte, ma ora ci sentiamo di sottolineare maggiormente la questione più propriamente legata al concetto stesso di sovranità.
La banca centrale, se è indipendente da governo, è di per se il potere supremo perché è in grado di far fallire qualunque azione politica indipendente. La Bce ha dato notevole riprova in Grecia di questa sua facoltà, azzerando con atto arbitrario ed unilaterale i finanziamenti ad interessi agevolati che permettevano alle banche elleniche di rimanere aperte. Anche in Italia abbiamo avuto un assaggio del suo tremendo potere, con la crisi dello spread che ha portato alle stelle i rendimenti dei Btp e fatto cadere il Governo Berlusconi.
Sia detto di passata: che nonostante tutto quello che è successo il Silvione nazionale continui a rimanere nel Ppe e sposare idee deliranti come la doppia circolazione monetaria, dimostra una volta di più, se ce ne fosse stato bisogno, che il Centrodestra unito è un suicidio politico, anche se apparentemente potrebbe pagare sotto il profilo elettorale. Berlusconi, come già in passato, si piegherà all’occorrenza non appena da Francoforte inizieranno a fare la voce grossa.
Per questo avere una propria moneta, gestita da una banca centrale subordinata al governo nazionale, è innanzitutto una questione di sicurezza nazionale, quindi di sovranità. La storia moderna di fatto si è costruita intorno a questa lotta fra istanze nazionali ed istanze cosmopolite dettate dagli interessi della finanza. Negli Usa la Costituzione nasce esplicitamente in aperta polemica verso il sistema finanziario britannico, ed infatti affida la coniazione di moneta al Congresso, ed a esso soltanto. Nel corso della storia americana sono stati vari i momenti in cui si è oscillato fra una banca centrale che serve l’interesse nazionale ed una banca centrale filo-britannica che serve alla speculazione finanziaria più selvaggia, a partire dalla prima, quella fondata da Hamilton per finanziare il sistema infrastrutturale della neonata nazione e nel cui capitale però figurava fra gli altri la banca Rothschild di Londra.
Tutto questo per ribadire semplicemente un concetto che pare sfuggire: chi controlla la banca centrale controlla la moneta, chi controlla la moneta controlla la politica. Dal nostro punto di vista, viceversa, lo Stato è quell’immanente eticità che invera storicamente la nazione, sopra di esso non può e non deve dunque esserci assolutamente nulla. La Bce va uccisa, come il presidente Jackson, sul letto di morte, si vantò di aver “tagliato la testa alla banca”, intendendo con essa la Second Bank degli Stati Uniti a controllo londinese.
Matteo Rovatti