Roma, 26 ago – La notizia dell’abbattimento (previsto o già realizzato) negli Stati Uniti di diverse statue di Cristoforo Colombo, in quanto memoria storica di un personaggio accusato di essere uno schiavista, un colonialista e un corresponsabile nel genocidio degli indiani d’America, dovrebbe essere accolta con soddisfazione da quella parte del mondo neofascista o destroradicale italiano che ha mosso a Colombo e in generale agli europei le stesse identiche accuse. Sarebbe quindi il caso di fare i conti con il ‘politicamente corretto’ di un ambiente che non sempre si è meritato la definizione di anticonformista.
Un piccolo esempio al riguardo, a dimostrazione del fatto che ovviamente non tutti erano disposti a pagare dazio all’aria del tempo, mantenendo invece autonomia di giudizio e preveggenza. Alludo alle critiche durissime di Julius Evola a Giorgio Pini presenti in un articolo del 1971 uscito sulla rivista Il Conciliatore. Per prima cosa Evola riporta le dichiarazioni di Pini di condanna del regime “colonialista di Lisbona e di quelli razziali del Sud Africa e della Rhodesia” e di stigmatizzazione delle “assurde e incivili simpatie per i mercenari della Legione Straniera, falliti strumenti contro l’indipendenza indocinese e algerina”. A fronte di queste posizioni, Evola parla giustamente di “perversione ideologica” e di “vieti luoghi comuni”. Effettivamente, non rendersi conto che Stati Uniti (il primo paese al mondo nato da una rivolta anticolonialista) e Unione Sovietica collaboravano tra loro anche nella propaganda e nell’azione anticolonialista per cancellare ogni residua velleità di potenza e di prestigio europee – caso emblematico la crisi di Suez del ’56 – è davvero un esempio impressionante di cecità culturale e di totale incapacità di lungimiranza politica.
Giovanni Damiano